Voci della Grande Guerra

Kobilek: giornale di battaglia Frase: #146

Torna alla pagina di ricerca

AutoreSoffici, Ardengo
Professione AutoreScrittore, pittore
EditoreVallecchi
LuogoFirenze
Data1919
Genere TestualeMemorie
BibliotecaUniversity of Toronto Library (Internet Archive)
N Pagine Tot206
N Pagine Pref
N Pagine Txt206
Parti Gold7-28 (22)
Digitalizzato Orig
Rilevanza1/3
Copyright

Contenuto

Dove prima avevo visto precipizi bui e masse minaccevoli, scoprivo adesso piagge erbose, boschetti freschi di nocciuoli, di castagni, di betulle; rocce chiare, sentieri azzurrati d’ombre fini e mobili.

La nostra trincea, un fosso profondo che monta e scende parallelo al torrente in fondo alla valle, ne capii subito tutta la logica, come delle tane di volpe scavate nella terra gialla della sua parete verso il monte, dove il fante può passare le sue ore al sicuro dalla pioggia, dal sole, e dalle schioppettate, finchè al nemico di fronte non piaccia ricorrere ai mezzi brutali di qualche serio bombardamento — chè allora la cosa si farebbe un po’brutta.

12 agosto, sera.

Per queste belle giornate di estate un poco autunnale, la vita di trincea somiglia abbastanza a un divertimento.

Vero è che, se ne togli un fischiare, un ronzare, un rotolare quasi continuo di proiettili ad arco sopra la nostra testa, da monte a monte, e qualche granata che scoppia qua e là nelle nostre vicinanze, la calma è stata fin qui quasi assoluta.

Si può con tranquillità andare e venire, riposarsi, fumare, mangiare e conversare fuor dai ricoveri, tutt’al più riparati dietro a qualche cespuglio dietro a un greppo, ad un sasso.

Lo stesso fante, al quale è però proibito mostrarsi, intuisce che per ora il pericolo non è imminente, e passa il suo tempo in un ozio quasi beato, sdraiato all’ombra dei parapetti della linea, seduto sulla soglia asciutta della sua tana, chiacchierando a bassa voce col compagno, fumando, o scrivendo a casa.