Voci della Grande Guerra

Il nostro soldato: saggi di psicologia militare Frase: #113

Torna alla pagina di ricerca

AutoreGemelli, Agostino
Professione AutoreMedico, religioso
EditoreTreves
LuogoMilano
Data1917
Genere TestualeSaggio
BibliotecaUniversity of Illinois Library (Internet Archive)
N Pagine TotXII, 339
N Pagine Pref12
N Pagine Txt339
Parti Gold25-34 (10)
Digitalizzato Orig
Rilevanza1/3
Copyright

Contenuto

Nell’istante nel quale la volontà (che suppone una coordinazione gerarchica con subordinazione di tutti gli elementi psicomotori, riflessi, desiderî, ragionamenti) dovrebbe essere tutta tesa nella realizzazione dello scopo, le emozioni vengono a turbarne il meccanismo d’azione, offuscando nella coscienza gli elementi che la stimolano ad esercitarsi.

Ad esempio, i soldati vedono cadere il loro ufficiale;

hanno il senso che con questo viene a mancare qualche cosa che li univa, che indicava loro la via.

Una granata scoppia rovinando parte di una trincea, poi un’altra e un’altra ancora, così che si fa strada nell’animo del soldato la persuasione che non è più possibile tenere la posizione.

In questi ed in consimili casi la paura, ossia una emozione, rompe il legame tra gli elementi psicomotori (la immagine dell’atto da compiere, la ragione che ne dimostra l’utilità, i sentimenti che coloriscono questo stato d’animo, ecc.), e la decisione volontaria, per la quale il soldato compiva ciò che in quel momento doveva apparire ragionevole, ossia esporsi, combattere, ecc., ubbidisce, invece ad automatismi d’origine subcosciente;

si nasconde, cerca di salvarsi, sottraendosi alla minaccia del pericolo.

In questo momento basta la parola o un gesto risoluto d’un ufficiale, l’esempio d’un compagno, a scuotere il soldato dallo stato d’animo nel quale si trova, a richiamarlo alla realtà.