Voci della Grande Guerra

Al limitare della guerra!: contro i pieni poteri per la guerra: programma di azione socialista a guerra scoppiata: dichiarazione del Gruppo socialista alla Camera dei deputati nella tornata di giovedì 20 maggio 1915: da resoconto stonografico / aggiuntovi: La deliberazione del Convegno di Bologna 16 maggio 1915 ed il manifesto della Direzione del Partito 22 maggio 1916 Frase: #126

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Autore{Partito socialista italiano}
Professione AutorePolitico
EditoreLibreria editrice Avanti
LuogoMilano
Data1916
Genere TestualeDiscorsi
BibliotecaBiblioteca Fondazione Gramsci
N Pagine Tot16
N Pagine Pref
N Pagine Txt16
Parti Gold1-16
Digitalizzato OrigSì**
Rilevanza2/3
CopyrightNo

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Pubblichiamo, perché restino come attestazione inoppugnabile dell’opera compiuta dal Partito Socialista contro la guerra, i documenti dell’azione spiegata alla vigilia dello scoppio delle ostilità.

Il proletariato italiano, troppe volte dimentico, ricordi almeno quest’opera a suo ammonimento.

Il Convegno di Bologna del 16 Maggio 1915

Convocati dalla Direzione del Partito Socialista, il 16 maggio 1915 si riunirono a Bologna i rappresentanti socialisti coi rappresentanti della Confederazione del Lavoro e del Gruppo parlamentare socialista.

Avevano aderito con telegrammi moltissime sezioni socialiste, le organizzazioni di Suzzara, Mantova, San Matteo Alice, le organizzazioni di Margaria, Villimpenta, Poggiorusco, Carpi, Padova, Belforte, Buscoldo, e moltissime altre.

Numerosissime le sezioni socialiste, fra le quali tutte quelle del Bolognese, del Mantovano e moltissime altre.

Numerose anche le adesioni dei Comuni del Piemonte, della Lombardia, del Mantovano, dell’Emilia e della Romagna.

Erano presenti per la Direzione del Partito, Bacci, Barberis, Vella, Lazzari, Prampolini, Serrati, Ratti, Marabini, Sangiorgio, Smorti.

Assenti giustificati: Zerbini e Balabanoff.

Per la Confederazione del Lavoro erano presenti D’Aragona, Rigola, Buozzi, Amateis, Quaglino, Bellelli, Gaviglio, Braga, Baldini, Del Buono, Galli, Giamboni, Dugoni e Corbella.

I deputati presenti erano: Turati, Treves, Modigliani, Prampolini, Pescetti, Bussi, Dugoni, Morgari, Quaglino, Cagnoni, Beghi, Todeschini, Mazzoni, Brunelli, Zibordi, Caroti, Bentini, Albertelli, Musatti, Soglia; il sindaco di Bologna ed il dott. Veratti rappresentante del Comune di Milano.

Erano rappresentate le seguenti Federazioni provinciali:

Reggio Emilia, Roma, Rovigo, Siena, Sondrio, Torino, Treviso, Udine, Verona, Bergamo, Bologna, Aquila, Brescia, Catania, Cuneo, Cremona, Ferrara, Firenze, Foggia, Forlì, Genova, Grosseto, Lecce, Livorno, Lucca, Mantova, Milano, Modena, Napoli, Novara, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Piacenza, Pisa, Porto Maurizio, Ravenna, Venezia, Como.

Fra le sezioni più importanti erano rappresentate Milano, Bologna, Firenze, Ravenna, Reggio Emilia, Roma e Torino.

LA DELIBERAZIONE

Dopo ampia discussione venne approvato il seguente ordine del giorno:

Il convegno dei rappresentanti le organizzazioni socialiste, la Confederazione del Lavoro, il Gruppo parlamentare socialista, nell’imminenza di una decisione che può trascinare il Paese nei rischi più atroci;

sente il dovere di denunciare la sfacciata mistificazione che — complici alcuni grandi giornali e sobillatrice una tralignata democrazia e la Massoneria — tende a ricattare i poteri supremi dello Stato dipingendo l’Italia come favorevole alla guerra;

riafferma l’avversione incrollabile del proletariato — motivata dalla valutazione degli interessi nazionali e dalle supreme idealità socialiste — all’intervento dell’Italia;

e, conscio della enorme responsabilità che pesa sugli organi del proletariato di fronte alla storia e della necessità fino all’ultimo di mettere in rilievo la reale volontà del Paese, perché il Governo, come è suo dovere costituzionale, ne tenga conto superando le manifestazioni artificiose e le contraffazioni dell’opinione pubblica, mentre applaude e considera impegnativa ed irrevocabile la deliberazione del Gruppo parlamentare di votare contro qualunque richiesta di crediti per la guerra, invita tutto il proletariato a continuare con vigore in queste ansiose vigilie la sua affermazione per la neutralità che il Partito socialista ha sostenuto e sostiene e che si inspira a supremi interessi materiali e ideali e non ha affinità con qualsiasi forma di neutralismo umiliante e mercantile;

demanda a tutte le organizzazioni economiche e politiche la convocazione per il giorno 19, vigilia della riapertura della Camera, di comizi in tutta Italia, mantenendo alla manifestazione quel carattere di disciplina, di dignità e di imponenza che varrà a mettere in rilievo ed in contrasto la volontà reale del paese dalle manifestazioni artificiose e ricattatrici;

con ciò il Partito Socialista, gli organi proletari ed il Gruppo parlamentare socialista, che sanno non poter oggi essere arbitri del mondo capitalistico, sicuri di aver fatto per sé, per il Paese e per la storia, di fronte all’Italia ed all’Internazionale, il loro dovere, avranno diviso e manterranno separate le loro responsabilità da quelle delle classi dirigenti».

I comizi che si dovevano tenere il giorno 19 maggio vennero proibiti dal Governo, il quale aveva dato ordini tassativi ai Prefetti perché impedissero le manifestazioni contro la guerra.

Vennero invece favorite e protette le manifestazioni interventiste.

La dichiarazione del Gruppo Socialista nella tornata di giovedi 20 maggio 1915 alla Camera dei Deputati

PRESIDENTE.

Ha facoltà di parlare l’onorevole Turati.

TURATI.

In un’ora tragica per l’Europa intiera, in quest’ora formidabile per tutti, mentre forse sta per calarsi una saracinesca su ogni libera espressione del nostro pensiero, voi concederete a noi di compiere questo supremo dovere politico: esprimerci con assoluta sincerità.

Parlo a nome del Gruppo socialista chiedendo che i nomi dei suoi membri presenti siano registrati a verbale (ne invia alla Presidenza le firme) e inoltre dei colleghi Badaloni, Lucci, Vigna, Ferri Giacomo e Sandulli.

Sono presenti gli onorevoli Agnini, Albertelli, Basaglia, Beghi, Beltrami, Bentini, Bernardini, Bocconi, Bonardi, Brunelli, Bussi, Cagnoni, Caroti, Cavallari, Cavallera, Chiesa Pietro, Cugnolio, De Giovanni, Dugoni, Graziadei, Maffi, Maffioli, Marangoni, Masini, Mazzoni, Merloni, Modigliani, Montemartini, Morgari, Musatti, Pescetti, Prampolini, Pucci, Quaglino, Rondani, Savio, Sciorati, Sichel, Soglia, Treves, Zibordi.

Il ricatto sul Parlamento

L’opinione della maggioranza sino alle dimissioni del Gabinetto Salandra

Onorevoli colleghi; sono pochissimi giorni, e qui era un convincimento comune: che una grandissima maggioranza delle due Camere — sia pure per motivi non per tutti identici — era recisamente avversa a ogni politica di guerra.

Dico da ogni politica di guerra che non fosse di difesa necessaria, nel significato il meno opinabile del vocabolo, nel suo significato più letterale: di assoluta, materiale, brutale necessità.

Questa maggioranza credeva, sapeva di rappresentare i bisogni, i sentimenti della enorme maggioranza reale del popolo italiano, se anche della parte non la più rumorosa (Commenti — Rumori);

la volontà precisa del suffragio universale, onde noi tutti abbiamo origine e potere.

Il Gabinetto, il 13 corrente, imprimeva a questa constatazione suggello ufficiale, confessando di non avere, a favore delle proprie direttive, non già la maggioranza del Parlamento (noi ci contentiamo d’esser posti fuori di questi calcoli, come fossimo gli eletti di nessuno), ma neppure la maggioranza dei Partiti costituzionali del Parlamento.

Per tale motivo il Gabinetto rassegnava le proprie dimissioni nelle mani del Sovrano.

Questi, correttamente usando della propria prerogativa, interpellati parlamentari autorevoli, non reputava che le dimissioni per sé sole, anche cosi motivate, dessero sufficiente indicazione per la soluzione della crisi, e rimandava il Gabinetto davanti al voto della Camera.

Il ricatto — Come fu ordito

Nel frattempo, a voi tutti è noto quello che accadeva.

In quei medesimi giorni, immediatamente dopo le dimissioni del Gabinetto, una insurrezione era organizzata in alcune delle nostre maggiori città e in una parte della stampa, a base di vituperio contro coloro che manifestavano opinioni contrarie alla guerra, non risparmiando, anzi designando in prima linea, come venduti e complici dello straniero ai danni dell’Italia, tutta una falange di nostri colleghi, incitando contro di essi alla violenza pubblica e privata.

Da un simbolico assalto alla sede della Camera elettiva, alle liste di proscrizione che si tentò mettere sotto un augusto patrocinio, tutte le arti più classiche, consacrate nella antica e recente istoria, quante volte si volle sbarazzarsi di Parlamenti molesti ad agognate autocrazie od oclocrazie, tutte furono sperimentate con meditata sagacia.

Contemporaneamente, le manifestazioni pubbliche a favore dell’intervento ebbero franchigia dovunque...

(Interruzioni - Rumori).

COLAJANNI.

Ci fu un morto:

Chiedo di parlare.

TURATI

.... mentre quelle in senso opposto vennero impedite e represse dalla polizia.

PIROLINI.

Evviva la piazza:

(rumori prolungati).

PRESIDENTE.

Facciano silenzio:

Lascino parlare l’onorevole Turati.

TURATI.

Non mi lascierò turbare né deviare da interruzioni;

in questo istante noi parliamo tutti con l’animo e con lo stile di chi detta un proprio testamento.

L’effetto — Tutti in fuga.... verso la guerra:

E l’effetto o la conclusione di tutto questo che ho rammentato, si vuole, si pretende da alcuni — evidentemente animati dal più superbo dispregio, non dico verso le nostre persone, che poco conterebbe, ma verso il Parlamento e gli ordini rappresentativi — si vuole, si pretende che la conclusione questa sia stata: che immediatamente — sensa che il più piccolo fatto nuovo nella politica estera sia sorto o sia venuto a cognizione nostra (Interruzioni) per spiegare e coonestare il mutamento - immediatamente e assai prima che fosse uscito quel Libro Verde che ci avete dato in mano testè e di cui pochi anche ora hanno potuto prendere seria contezza; quella grande maggioranza antibellica avrebbe capovolta la propria opinione; che il Gabinetto avrebbe ottenuta, per quella via, la maggioranza che aveva confessato di non avere, anzi l’unanimità dei partiti costituzionali del Parlamento; che coloro, i quali vedevano nella guerra un errore capitale e la possibilità di un disastro, si sarebbero improvvisamente, miracolosamente ravveduti e siano disposti a recitare il confiteor... se pure non l’hanno già recitato.

(Interruzioni).

Cosicché — se gli aruspici ben si fossero apposti - la guerra, la grande guerra italica, la guerra che suppone ed esige l’eroismo, si inaugurebbe sotto gli auspici di una grande fuga generale, di una abdicazione collettiva.

La guerra che dovrebbe rafforzare le istituzioni democratiche dell’Europa latina contro i pericoli e le minaccie del feudalismo imperialista alemanno, la guerra redentrice e liberatrice, avrebbe prodotto questo primo effetto, prima ancora d’essere scoppiata: di avere abolito fra noi il vigore e la dignità dell’istituto parlamentare.

Il quale, soppresso da un colpo di Stato, può bensì reagire e riaversi:

suicidato, non avrebbe speranza di resurrezione.

Il NO tenace dei Socialisti

Per la dignità e per l’onore.....

Ebbene, poiché questa è la leggenda obbrobriosa che si fa circolare, e v’è chi le presta fede, è opportuno, onorevoli colleghi — è opportuno per la dignità di noi tutti, per il Parlamento e per il Paese, per l’Italia e per l’Estero — che da qualcuno si smentisca col fatto.

È opportuno si dica sin d’ora che vi è qualcuno qua dentro — se sieno pochi o molti, è ciò che vedremo, ma importa che qualcuno vi sia — che non fugge, che non muta, che non mente, che non si rinnega, che non abdica, che non dilegua; che il timore miserabile del disastro proprio non antepone al sacro timore, confessato fino a poco stante, della jattura della Patria.

È opportuno che vi sia qualcuno che ripeta, oggi e qui, quello che disse, ieri ed avantieri e sempre, qui e dappertutto; che rivendichi il diritto ed il dovere di amare e di difendere la Patria secondo i soli dettami della propria coscienza (Applausi all’estrema sinistra — Rumori), non secondo le intimazioni che vengono di dietro la siepe (Interruzioni ripetute).

PRESIDENTE.

Non interrompano:

TURATI.

È opportuno, signori del Governo, che vi sia qualcuno che, alla vostra domanda di pieni poteri per la guerra, risponda semplicemente ma recisamente:

NO: (Commenti).

Ragioni generali e tecniche del NO socialista

Le ragioni e ideali pratiche, onorevoli colleghi, per le quali il Gruppo socialista, anzi il Partito socialista, è fondamentalmente avverso alla guerra in generale e lo è a mille doppi a questa guerra speciale, furono tanto ripetute, e sono per sé stesse tanto intuitive, che il ridirle ad una ad una, in quest’ora piena d’impazienze, mi parrebbe vana e molesta jattanza.

Non sarebbe, non sarebbe più partito socialista, per definizione partito internazionale (Rumori), se non sentisse questa avversione profonda, fondamentale irreduttibile, alla guerra ed agli armamenti che generano ed inciprigniscono la guerra, alla guerra che giustifica e fa moltiplicare gli armamenti, che riproducono la guerra.... (Rumori) e il viziosissimo circolo gira all’infinito così.

Se, sul terreno della pratica, se nell’urto col reale, questa sua tenace ostilità può ancora esser vinta, essa trae da ciò ragione tanto maggiore di affermarsi e resistere, per preparare le sue vittorie future, per indurre le classi dirigenti a cercare sempre più in altri mezzi, che non siano la violenza collettiva, atroce, criminosa, nefanda, la soluzione dei conflitti internazionali (Rumori vivissimi);

per affrettare e imporre mano a mano gli arbitrati, le intese, le federazioni dei popoli;

per costringere le diplomazie ad agire all’aperto e fuori dalle imboscate (Rumori);

per negare ogni valore ed efficacia ai trattati occulti e non ratificati dai popoli;

per indurre insomma, nei rapporti anche fra gli Stati, quelle norme di elementare lealtà e probità, che sono la morale corrente tra individui civili (Rumori), e che rappresentano per questi — e il medesimo sarebbe per le nazioni — sopratutto una enorme economia di forze e una fonte e guarentigia di comune benessere.

(Rumori, interruzioni).

Patria e nazionalità.

«Viva l’Italia», Sì;

«Viva la guerra», NO:

Signori, soltanto una rabbinica voluttà di sofisma può raccontare ai semplici che questo sforzo di umanità integratrice stia in contrasto agli ideali di patria e di nazionalità, che ne sono coefficienti essenziali.

Una concezione, che basa sulla Fondamentale unità degli interessi del lavoro attraverso e sopra i confini, e nulla ha che fare col piagnucoloso e malfido pacifismo dei pacifisti in tempo di pace, che la sua piena attuazione instaurerà le autonomie democratiche anche delle stirpi nel modo più saldo e più universale, anzi nel solo modo che non implichi contraddizioni, delusioni, ritorni.

(Commenti).

Perciò, quando voi ci invitaste a gridare un Viva l’Italia: che non sia l’involucro insidioso di un Viva la guerra: nessuno vi risponderebbe con più profonda convinzione e con più schietto entusiasmo di noi.

(Rumori vivissimi).

PRESIDENTE.

Ma facciano silenzio:

Vogliono che siano tutti, senza eccezione, della loro opinione:

VOCI A DESTRA.

È la tribuna della stampa.

PRESIDENTE.

Essa mancherebbe al suo dovere, se disturbasse l’andamento della discussione.

TURATI.

Frattanto e perciò, se un cumulo di forze e di interessi sospinge alle guerre, il socialismo non può che allearsi alle forze e agli interessi che le guerre attraversano;

ed è troppo ingenuo o troppo furbo chiedergli quel che oggi a noi ufficiosamente si chiede: che la nostra fede e la nostra azione antibellica custodiamo gelosamente nel fondo del core (Vivi rumori), solo imponiamo loro il silenzio e l’ignavia quando una guerra è imminente.

Per ciurmerie di cotesto genere vi sono Società per la pace particolarmente qualificate:

Ragioni contingenti e positive

— Gli interessi e le idealità

Sul terreno dell’immediato contingente, il Partito socialista italiano pensa — di fronte a questa guerra - che nessun Paese sia meno costretto, consigliato o autorizzato dell’Italia a mescolarvisi, che nessun Paese abbia altrettanto da temere dal parteciparvi e così poco da sperarne anche nell’ipotesi del miglior successo.

Per ragioni storiche, geografiche, demografiche; per ragioni di stirpe e di tradizione, per ragioni finanziarie ed economiche, per la sua indole di Nazione esportatrice di mano d’opera e tributaria fatalmente ancor oggi verso il capitale straniero, l' Italia ha tutto l’interesse di restare, di diventare la grande mediatrice e pacificatrice dei popoli, non legata, non vassalla a una gente od all’altra, all’uno o all’altro aggruppamento di Stati.

(Commenti).

Nessun’altra nazione ha bisogno al pari dell’Italia di chiedere l’aumento della sua influenza economica e politica nel mondo unicamente allo sviluppo interiore della sua civilà, all’incremento della sua produzione, al rinvigorimento della sua organizzazione e disciplina intellettuale, morale, industriale, scientifica, tecnica; allo sviluppo di tutte quelle attività, qualità e strumenti di azione che la guerra e l’organizzazione per la guerra impediscono, paralizzano e stroncano ineluttabilmente.

Di guisa che ogni guerra dell’Italia, che non sia di difesa necessaria nel senso più rigoroso del vocabolo, appare a noi in realtà una guerra contro l’Italia.

E una guerra, di riflesso, contro tutte le idealità che essa, col proprio sacrifizio, pretendesse servire.

Perocché essa assai male le servirebbe, quanto uscisse debolita da una guerra che, per comune consenso, indebolirà anche i vincitori, nella quale, anzi, sembra avverarsi il paradosso che nessuno sarà vincitore, tutti saranno vinti.

Neutralità trafficata e intervento compromesso Per il Belgio tradito e sacrificato....

È perciò che, quando parve che il Governo, sotto gli auspici del " sacro egoismo nazionale ", negoziasse la sua neutralità e quasi la ponesse all’incanto, noi ci sentimmo profondamente feriti, sentimmo che una tale neutralità tradiva sé stessa, rafforzava in realtà le ragioni dell’interventismo e ne favoriva il trionfo.

(Commenti prolungati).

Ma, pur favorendo il trionfo dell’interventismo, una tale neutralità lo viziava fin dall’origine;

gli imprimeva il proprio suggello mercante, gli appannava quell’aureola di generosità e di disinteresse ideale, che, per quanto utopistica (e supremamente antidemocratica, là dove la vittoria delle idealità non sia affidata unicamente a legioni di volontari convinti ed entusiasti), poteva costituirne una forza ed una legittimazione.

(Interruzioni - Rumori).

Un gesto, concordato con le Potenze neutrali, che ponesse come correspettivo al perdurare della neutralità la evacuazione del Belgio tradito e sacrificato — minaccia permanente e precedente formidabile contro ogni santità di trattati e fiducia di onesti negoziati internazionali — un tale gesto, non immeschinito da altre pretese di egoismo territoriale o mercantile, ben poteva segnare un solco luminoso nella storia.

Ma non saprebbe essere così sapiente un interventismo capitalista e borghese.

(Commenti).

L’azione dei socialisti a guerra scoppiata

Dovunque nelle prime linee per la soluzione meno infelice:

— Per l’animo e per le famiglie dei richiamati.

Onorevoli colleghi, con un voto puramente negativo noi non avremmo adempiuto il còmpito nostro.

Se le nostre schiere, se le schiere dei nostri fratelli partiranno per le trincee, noi, non potendo più deprecarne il sacrificio, per la stessa logica nostra dovremo essere primi ovunque si lavorerà ad affrettare la soluzione meno infelice del conflitto e a diminuirne le rovine.

Nell’opera di Croce Rossa civile, nel senso il più vasto del vocabolo, sul fronte e in tutto il paese, gruppi, amministrazioni ed individui socialisti si troveranno, ne ho fede, nelle prime linee.

(Commenti).

Qui veramente la collaborazione di quanti si sentono italiani si eserciterà, anche dal canto nostro, piena e sincera.

Su altri punti, e ve li accennerò, sarà lotta ancora e dissidio.

Ma su uno, su uno almeno vorrei, mi inardirei a sperare che il consenso potesse essere pieno, immediato e fattivo: sulle provvidenze da prendere cioè - senza le quali sarebbe bestemmia ostentare patriottismo — onde i richiamati, tranquilli almeno sul pane delle loro famiglie (Bene: Bravo:), possano stare in campo con la fermezza che è voluta dalle supreme necessità dell’ora.

(Approvazioni - Commenti).

Le spese della guerra

- La difesa dei lavoratori

La risurrezione dell’Internazionale

Noi vi abbiamo già incitati ad assumere sulle vostre spalle, a riversare sulle spalle, capaci di sorreggerle, dei proprietari meglio provvisti, le grandi spese della guerra.

Voi costantemente, se si trattò di concretare, avete ricusato.

E noi dovremo insistere e ribadire.

E pigliamo impegno di battere e ribattere e non aver requie e non darvene, affinché alla fastosa e rovinosa politica guerresca si accompagni una politica di pace, di lavoro, di credito al lavoro e di provvidenze sociali proporzionata, quale a voi vennero suggerendo — ahimè con quale scarso profitto sin qui: — più ancora che non le grandi organizzazioni proletarie italiane, le grida e le lacrime che esalano della obiettiva profonda tristezza delle cose in tutto quanto il paese.

E pigliamo impegno di fare il can di guardia perché almeno, col pretesto della guerra gloriosa, non si speculi sulle magre conquiste dell’organizzazione proletaria, sulle leggi sociali, come già si accennò a fare.

Sopratutto i socialisti daranno opera a che, malgrado il momentaneo scompiglio che ruppe le ancora mal connesse compagini della troppo immatura Internazionale proletaria, i germi non ne sian dispersi e, passata la bufera, si ripigli a riedificare.

Voi ne avrete bisogno al par di noi, perché — guardatevi dunque d’attorno: — se fosse davvero la bancarotta della Internazionale, sarebbe anche (e peggio allora per tutti:) la bancarotta della civiltà.

(Applausi da una parte dell’Estrema Sinistra;

rumori da altri banchi).

Il manifesto della Direzione del Partito Socialista Italiano nel giorno nella mobilitazione.

PARTITO SOCIALISTA ITALIANO

Proletari d’Italia:

L’intervento della nazione italiana nell’immane conflitto internazionale è deciso.

La guerra si inizia con un’opera violenta di soppressione di ogni libertà.

Tutto un ambiente di irritazione, di esasperazione e di prepotenza si è andato man mano creando.

La guerra è l’opera di questo stato morboso contro i veri interessi nazionali, e contro i voti e le aspirazioni della massa proletaria.

Lavoratori italiani:

Il partito socialista, che è stato sempre l’interprete sincero di questa massa proletaria, deve riaffermare in questo tragico momento con maggiore decisione le alte ragioni ideali che dal primo giorno della conflagrazione hanno ispirata e diretta la sua azione.

Durante dieci mesi questo Partito ha affrontato, da solo, l’azione fatta di inganno e di violenza dei partigiani della guerra.

In migliaia di comizi, di conferenze, di agitazioni continue, per l’opera delle sue sezioni unanimi, per l’attività della sua Direzione e del proprio Gruppo Parlamentare;

mediante l’intesa colle associazioni economiche, a dispetto della contraria congiura della stampa e della ostilità decisa dei governanti, esso restò fra mezzo al popolo a segnare sempre più profonda la demarcazione fra la politica internazionale del proletariato per la fratellanza e la solidarietà fra i popoli, e quella delle classi dirigenti di tutti i paesi, cospiranti a perpetuare fra gli uomini le ire e gli odî di nazionalità.

Il Partito Socialista Italiano ha avuto proteste e sdegni per tutte le infamie che in questa immane guerra si sono compiute ai danni dei deboli.

Ha dolorato insieme agli oppressi.

Ha levato il fervido augurio che una pace equa ritorni ai liberi focolari gli esuli delle patrie infrante, risparmi nuovi lutti e nuove angoscie.

Ma si è rifiutato di vedere in questa immensa conflagrazione un insanabile, fatale conflitto di nazionalità, un inevitabile scontro di genti diverse che una civiltà superiore non possa affratellare.

Esso ha considerato la presente disastrosa situazione internazionale come dovuta alle competizioni capitalistiche ed affaristiche dei vari stati borghesi, non illuminate da alcun raggio di idealità.

Lavoratori:

Il Partito Socialista Italiano si rifiuta quindi di dare in qualsiasi modo la propria adesione alla guerra, pienamente persuaso che l’Italia avrebbe potuto e dovuto servire veramente alla causa della pace facendosi equa e disinteressata mediatrice fra le potenze in lotta.

Non il patteggiamento mercantile delle varie frazioni borghesi auguravano e volevano i socialisti, ma una azione di disinteressato, altruistico intervento morale che valesse a levare in alto fra le genti il nome italiano, ridonando all’Europa travagliata la pace.

Ma poiché la sua voce non è stata intesa e la sua protesta venne spenta, il Partito Socialista Italiano separa anche oggi la propria responsabilità da quella delle classi dirigenti.

Gli avversari nostri, i nemici del proletariato, potranno dire di averci travolti e vinti, ma non di averci costretti ad accogliere le loro ingannevoli ideologie, di averci indotti a collaborare in verun modo nell’opera di sangue che hanno intrapresa.

Il nostro compito non è finito.

Mentre essi daranno ire e rancori alla guerra, noi presteremo le fedi e gli entusiasmi a preparare la pace, riannodando le fila, stringendoci attorno alle istituzioni nostre, che la follia guerresca avrà risparmiate, vegliando a serbare le posizioni conquistate, provvedendo in prima linea — soldati di civiltà — con tutte le forze nostre a rendere meno tristi le conseguenze del tremendo conflitto.

Proletari italiani:

Se il radioso sogno di realizzare l’unità delle nazioni attraverso l’Internazionale operaia, senza sacrificio di vite e di sostanze, svanisce in quest’ora terribile di stragi e di lutti;

se oggi, mentre parla il cannone, è soffocata la voce del diritto e ogni ragione ed ogni senso di umanità si ottenebra e si spegne, noi non disperiamo per questo.

Passerà questa guerra, terribile propagatrice di odio contro il sistema che l’ha permessa e voluta.

Torneranno dai campi insanguinati i figli del lavoro, che la morte avrà risparmiati, con negli occhi e nell’animo la visione orrenda di tante barbarie compiute.

E le conseguenze morali, politiche ed economiche di questo flagello in tutti i paesi — nei vinti come nei vincitori — saranno nuovo e più forte incentivo alla lotta di classe.

Per quei giorni noi prepareremo gli animi.

Il proletariato socialista non disarma, attende.

Abbasso la guerra:

Viva il Socialismo:

Viva l’Internazionale:

LA DIREZIONE DEL PARTITO.

Roma, 22 Maggio 1915.