La concordia al potere / discorso pronunciato alla Camera dei deputati dall’on. Claudio Treves il 29 giugno 1916 Frase: #223
Autore | Treves, Claudio |
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Professione Autore | Politico |
Editore | Libreria editrice Avanti |
Luogo | Milano |
Data | 1916 |
Genere Testuale | Discorsi |
Biblioteca | Biblioteca Fondazione Gramsci |
N Pagine Tot | 31 |
N Pagine Pref | |
N Pagine Txt | 31 |
Parti Gold | 3-31 |
Digitalizzato Orig | Sì |
Rilevanza | 2/3 |
Copyright | No |
Contenuto
EspandiConsegnando in tipografia il manoscritto del discorso di Claudio Treves, nel quale la nobiltà e l’elevatezza della forma danno maggior luce e rilievo alla sostanza profondamente socialista, noi ci limitiamo a constatare che il discorso ha avuto un successo vivissimo — forse anche significante — un successo che la stampa italiana, ormai nostra avversaria tutta, senza eccezioni, ha dovuto constatare, sia pure a denti stretti.
Si è cercato dai giornali di chiamare sofismi — corretti con la parola splendidi — gli argomenti di Claudio Treves, ma che non sono sofismi lo diranno tutti coloro, amici od avversarii, che leggeranno queste pagine, che sentiranno nelle penetranti osservazioni affermarsi una logica severa e terribile, che sentiranno nella chiusa vibrare il desiderio di pace di tutta la gente del lavoro.
E se i deputati d’altri settori hanno dato, per la platea, i rumori e la dimostrazione patriottica, ben altra fu l’accoglienza effettiva che rivolsero al discorso, tanto che la stampa fu forzata, come dicemmo, a rilevarne l’esito impressionante.
La “ Concordia ” al potere
In difesa del Parlamento.
Onorevoli colleghi, questa discussione imposta dalla realtà delle cose, la quale si vendica sempre dei sottili avvedimenti, come diceva un diplomatico, ristabilisce nella sua dignità e nella sua autorità il Parlamento, e credo che, colla autorità del fatto, abbia ragione dell’opinione espressa da taluni in giornali molto diffusi, che cioé sarebbe stato bene accogliere il Ministero nazionale col plauso della simpatia, della solidarietà, della piena adesione e non discutere.
Costoro sono quegli stessi che erano di opinione che il Ministero Salandra si dovesse mandar via in silenzio.
In silenzio la sfiducia a Salandra;
in silenzio la fiducia a Boselli.
Costoro hanno dimenticato che guai alle Assemblee nelle quali si fa così facilmente il silenzio.
C’è qui una questione parlamentare:
è inutile negarla;
è inutile sfuggirla.
La guerra l’ha posta.
L’ha posta anche il modo col quale, della guerra, si è fatta la propaganda.
È da quell’ora e da qual modo che esiste in Italia una crisi parlamentare.
Quando si è cominciato per negare l’autorità della sovranità popolare a decidere le questioni della pace e della guerra, poi naturalmente ancor meno si poteva riconoscere l’autorità parlamentare la quale non ne era che il derivato.
Ed allora è esistita accanto alla guerra una questione parlamentare e, se noi combattemmo, per i fini generali dell’opera sua, il Ministero Salandra, lo combattemmo ancora per l’opinione che della questione parlamentare esso si era fatta e poi aveva rappresentato in questa Assemblea.
E ne avvenne questa strana cosa, che questi socialisti antipatriottici, questi socialisti che sono fuori della nazione, da un anno difendono ciò che c’è di più vero nella nazione, le sue istituzioni progressive, il modo col quale la nazione esprime i suoi voleri;
difendono questo istituto parlamentare, che non è figlio del loro pensiero, che è un istituto eminentemente borghese, che essi accettano come il minimo, come il più facile mezzo per l’espressione dei contrasti di classe e dei partiti.
Il Ministero Salandra fu da noi combattuto nei suoi fini e ne’suoi propositi ultimi, ma anche nei suoi metodi, in quanto gli abbiamo imputato di avere metodi e finalità antiparlamentari.
Ma però fedeli sempre alla nostra onesta imparzialità, difendemmo anche il Ministero Salandra, quando coloro che lo combattevano si preoccupavano soltanto di riuscire ad abbatterlo non badando se, col mezzo prescelto, ferivano anche l’Istituto parlamentare.
Allora potemmo anche passare per i salvatori del Ministero.
E nell’ultima discussione, il sabato, l’onorevole Turati presentava un discorso alla Camera che in questo ambiente sembrava quasi ministeriale:
si rivolgeva ai più accaniti oppositori del Ministero domandando loro:
ma voi che cosa avete da opporre a questo Ministero, se non di non avere commesso gli ultimi eccessi che voi avreste voluto commettesse:
Quel discorso pareva, ed era, di una imparzialità assoluta, onesta e doverosa, e per ciò stesso che non ci accomunava con i frettolosi giustizieri del Ministero Salandra.
La caduta di Salandra e il Ministero nazionale.
Ma passarono due volte 24 ore, e proprio da questa parte della Camera insorsero violentemente le invettive e lo sdegno contro il Ministero Salandra;
non ci accontentammo che fosse caduto, lo volemmo cacciato.
Cacciato perché:
perché in quelle due volte ventiquattro ore tutti i segni vedemmo di tentare la reincarnazione del Ministero Salandra, di imporla sulla volontà parlamentare, solennemente dichiarata in un voto che non si poteva cancellare, e con qualunque mezzo imporsi un’altra volta al Parlamento.
Bisognava troncare, e perciò fummo, lo dichiariamo, e ce ne teniamo, anche violenti.
La crisi ha avuto una soluzione che era nei desideri, non so se anche negli interessi, degli oppositori interventisti del Ministero Salandra.
Il voto, a vederlo topograficamente, metteva da una parte tutte le così dette sinistre, rarissima eccezione, e dall’altra metteva le destre.
Pareva che la famosa divisione dei partiti fosse conclamata.
Ebbene, proprio in quel momento, quando il Parlamento pareva dai segni più chiari ed evidenti che non avesse dato mai maggiore la impressione della divisione famosa dei partiti, ecco che da quella discordia nasce la concordia del Ministero nazionale; i vinti ed i vincitori affratellati, Meda, Bissolati, Leonardo Bianchi, Sonnino, sotto l’abile, eloquente, simpaticissima condotta dell’onorevole Boselli.
Il Ministero ha una stampa e un una opinione pubblica felice, esultante.
Troppo:
Perché in sostanza credete voi che si possano violare impunemente la essenza, l’anima, lo spirito delle istituzioni, delle cose:
Credete voi che si possa costituire un Ministero nazionale di concordia, unicamente perché voi avete messo insieme uomini di diverso partito politico:
Credete che ciò sia la concordia, o non la caricatura della concordia, se la concordia non ci deve essere, non ci può essere nei parlamenti, se i parlamenti sono stati istituiti perché concordia non vi sia mai, perché gli interessi, i sinceri interessi, gli onesti interessi, le nobili opinioni abbiano continuamente a svolgersi nella fecondità perenne delle loro contraddizioni ed attrati:
e, soltanto in questa costante vicenda di integrazione e di disintegrazione esca fuori quel tanto di verità umana che sia possibile:
Voi credete di avere eliminato tutto questo, di aver creato questa concordia, perché avete fatto un Ministero nazionale.
Ma, ditemi un po’:
è possibile che Filippo Meda e Leonida Bissolati pensino la stessa cosa della guerra, delle sue origini, dei suoi fini, della sua fine, e dei modi della fine:
Voi mi direte che l' onorevole Meda, che ha qualche bisogno di fare dello zelo interventista, verrà incontro alle opinioni di Bissolati;
oppure mi direte che Bissolati, che è un’anima così cavalleresca, vorrà usare cortesia verso il suo collega e gli verrà incontro.
Ma in un caso, o nell’altro, l’opinione risultante sarà buona o cattiva:
chissà:
Oppure ci sarà discordia:
Meda difenderà i suoi principi, Bissolati difenderà i suoi:
Allora avrete abolito la discordia nell’Assemblea, che deve consulere, e l’avrete portata nel corpo esecutivo, nel quale noi abbiamo sempre creduto ci dovesse essere compattezza ed unità di indirizzo.
(Approvazioni — Commenti).
Eresie costituzionali e caricatura di sistemi stranieri.
Badate, onorevoli colleghi, che l’eresia costituzionale gravissima implicata nel ragionamento che ha servito di base alla costituzione del Ministero nazionale, è questa: cha non siano nazionali i Gabinetti di partito.
Un’altra eresia, non esplicita, ma implicita, è questa: che si debba obbedienza, che si debba adesione di opere soltanto ai Ministeri, ai quali noi partecipiamo.
Voi avete questa strana idea della concordia nazionale, così fuori delle istituzioni nazionali, che in tanto sia possibile, in quanto sia confortata da larghe distribuzioni di portafogli.
A questa signora concordia, che distribuisce i suoi favori contro portafogli o sotto-portafogli, che nome noi dobbiamo dare:
Certo è tale cosa che non risponde alle necessità vere, che voi, onorevole Boselli, avete eloquentemente espresse nel vostro discorso.
Voi volete integrazione, acceleramento, intensificazione della guerra.
E quale sicurezza noi abbiamo che voi col Ministero nazionale imprimiate quella eccelerazione alla guarra che voi credete sia condizione essenziale:
In fondo tutto ciò, come spesso avviene in Italia, non è che caricatura di un sistema straniero, che dove nacque e dove per violenza di casi si impose, aveva ragione di essere ed è stato fecondo.
Ministero nazionale voleva dire Comitato di salute pubblica.
Lo compose la Francia nell’ora più tragica della sua storia, quando era aggredita;
quando l’invasione tedesca incombeva su di essa.
In quell’ora, in cui la Francia sembrava finita, tutte le energie nazionali si strinsero in un patto di concordia che aveva un significato solo: non morire;
e la Francia non morì, ma quello era un Comitato rivoluzionario di salute pubblica tal quale quello del 1793.
Ma a cose calme, quando, possiamo dirlo con fierezza, tutti d’accordo in ciò, quando l’austriaco è cacciato fuori dal breve tratto di territorio nazionale che aveva preso, quando tutto permette ai partiti, alle classi, a tutte le filosofie, a tutti i sistemi a cui la stessa guerra ha dato origine, di esplicarsi, oggi questa è una caricatura impotente, coperta da una elegantissima e simpaticissima passione patriottica, onorevole Boselli, ma tale da non modificare la natura delle cose.
I dissensi necessari della vita ripullulerano nel seno del Consiglio.
Necessità di un programma.
Quale:
Quello di Bonomi o quello di Arlotta:
Un esempio.
Il vostro programma è stato molto parco di promesse.
Avete detto con frase elegante, vibrata:
non è tempo di programmi, è tempo d’azione.
Dunque non avete fatto programmi, ma tuttavia le questioni domandano la loro soluzione, la vogliono, e le soluzioni se non sono empiriche, debbono richiamarsi a dei criteri, a dei principî, riallacciarsi a questioni più generali.
Non è possibile che voi crediate di scendere all’empirismo minimista, che voi crediate di sciogliere tutte le questioni senza che le riconduciate a termini ideali più vasti.
Ebbene, fra queste questioni, per dirne una, c’è la questione finanziaria.
Nessuno può credere che la guerra continui semplicemente con delle emissioni di nuova carta o con delle nuove emissioni di prestiti.
Ci vorranno indubitabilmente delle nuove imposte.
Indubitabilmente.
Chi la pensa diversamente è uno che si vuole illudere.
Ed allora, in quel concreto caso su chi cadranno le imposte, che idee prevarranno, quelle di Arlotta, per cagione di esempio, o quelle di Bonomi: del giovane Bonomi, o del maturo Bonomi:
E si imporrà.
La questione che voi non voleste porre nell’assemblea, che voi non avete voluto risolvere come i Governi che assumono dall’assemblea l’imperativo categorico del modo della soluzione, risorgerà tra di voi.
E allora, dico:
come sarà risolta:
Vedete bene che non basta soffocare le questioni perché non ci sieno:
Ma la stessa guerra:
Dov’è che sia stato dimostrato che per condurla bene occorra un Ministero nazionale:
Per mandare strenuamente, diciamolo pure, dei reggimenti al macello od al martirio non si sono diportati meno bene i Paesi nostri nemici, ed anche quelli nostri amici, come la Russia, che hanno creduto di mantenere fermo il loro sistema cancellieresco ed il loro sistema costituzionale.
La guerra l’hanno condotta con la stessa strenuità di metodi e con gli stessi successi.
Nessuno può dire, e voi che siete delle persone oneste, indubitabilmente, non lo potete dire, che gli insuccessi degli ultimi tempi siano dovuti al fatto che il Ministero Salandra non fosse sufficientemente nazionale, oppure che la nuova era, di cui tutti ci congratuliamo, di successo della nostra difensiva dipenda dall’aver costituito il Ministero nazionale.
Sarebbe un volerci ingannare a vicenda.
Voi siete troppo onesti per poter dire queste cose.
Degenerazione parlamentare.
Dai riformisti ai cattolici.
Dunque, per la stessa condotta della guerra, io non sento affatto né l’opportunità, né la efficacia del Ministero nazionale.
E allora debbo dire che questo è stato un fatto di degenerazione parlamentare, debbo dire che i partiti non parlamentari ma parlamentaristi (quelli che derivano dal sostantivo parlamentarismo e non dal sostantivo Parlamento) sono insorti a sfruttare la guerra e hanno dettato le loro condizioni.
Noi ne siamo fuori, e ce ne sentiamo, nel fondo dell’anima nostra, superbi; superbi e lieti di essere fuori da quelle imposizioni di parti, di gruppi o di sottogruppi che hanno caratterizzato l’ultima corsa al potere.
Oh: nella costituzione del Ministero nazionale si sono avuti dei fenomeni certamente interessanti:
I riformisti, alias socialisti, hanno potuto prender parte al Governo senza che si determinasse quel diluvio di polemiche sul tema «i socialisti al potere» che altra volta sarebbe stato inevitabile.
I riformisti prendono parte al potere nell’ora che non c’è altro da fare che fondersi con tutti gli altri;
e dei loro metodi e dei loro ideali di riforma non c’è assolutamente nulla da attuare, perché le sole riforme possibili in questi tempi sono quelle coordinate dall’azione di guerra, che non rispondono e non possono rispondere a dei criteri di idealità, ma debbono rispondere a delle pure e semplici necessità.
L’antica contesa tra Guesde e Jaurès qui non ha più il termine d’applicazione.
Guesde, che poi andò al Ministero, diceva a Jaurès che si guardasse bene dalla partecipazione dei socialisti al potere:
era un enorme pericolo per le illusioni che si sarebbero create le plebi, per le pretensioni inappagabili che fra le plebi si sarebbero scatenate.
Voi siete assai fortunati, amici riformisti:
da queste illusioni voi siete franchi:
le plebi sulla vostra partecipazione al potere non si fanno alcuna illusione.
Un’altra questione importante è l’intervento dell’onorevole Meda.
Con ciò è un’altra più o meno storica pregiudiziale, quella temporalistica, che cade:
Singolarissima fortuna quella del partito clericale in Italia:
Fino al 1904, partito dei reprobi, antinazionale più di noi se fosse possibile;
ma nel 1904, con lo sciopero generale, un grande turbamento avviene nella borghesia;
e allora, o buon popolo clericale, aiuta, aiuta:
esso entra negli ordini come espressione estrema del partito conservatore, che interviene all’ultima ora per rassodare la tremarella dei ricchi.
Entra, naturalmente, con tutte le riserve, con tutte le timidezze, con tutte le modestie di chi deve fare strada;
e la strada l’ha fatta.
Nel 1911 il partito che pochi anni prima era ancora carico di sospetti sul suo patriottismo, è già nazionale, è già nazionalista, è già libico e tratta noi di turchi perché non siamo d’accordo con l’ex-Banco di Roma sulla questione della Libia.
E passano pochissimi altri anni, ed eccolo al Ministero nazionale:
Questo è proprio, dicono i francesi, brulér les étapes, correre velocissimamente verso la prova provata di quella verità che noi abbiamo proclamato in mille comizi e in mille articoli di giornali; e cioè che il partito clericale con tutte le sue appendici più o meno democratico-cristiane non è che l’estrema ala del partito conservatore, e i fatti ci dànno ragione...
Approvazioni all’estrema sinistra — Rumori — Proteste a destra).
Una voce a destra.
Ne avete paura:
(Interruzioni — Rumori — Commenti all’estrema sinistra).
Repubblicani e riformisti e democratici fanno gettito delle loro idealità.
TREVES.
E non dico della pregiudiziale repubblicana.
Io sono uomo che non ho la religione di certe forme, e nel mio partito rappresento una minoranza che non ha pregiudiziali.
Non critico dunque l’intervento dell’onorevole Comandini dal punto di vista di una pregiudiziale formalista:
è cosa che riguarda i suoi compagni.
Io che amo, e voglio bene all’amico Comandini, sono a priori sicuro delle sue rettissime intenzioni, e posso anche riconoscere che, quando un partito ha assunto le responsabilità che ha assunto il partito repubblicano in tutta la politica della guerra e in tutta la politica estera, è bene che prenda ora anche la responsabilità ultima;
rifuggirne sarebbe stata la foglia di fico di un falso pudore.
(Approvazioni - Commenti).
Però al repubblicano Comandini, ai riformisti Bissolati e compagni domando se sostanzialmente, c’era o non l’occasione per una più forte espressione di progresso democratico che legittimasse le loro rinunzie formali, e se essi non se la siano lasciata sfuggire.
Mi spiego subito.
Alla formazione del Ministero ha presieduto un grave dibattito pro o contro le Commissioni di controllo sopra il Ministero (Commenti), e specialmente, si intende, sopra il Ministero degli esteri.
L’onorevole Sonnino, fin dal suo discorso dell’aprile, aveva nettamente fatto intendere che di queste Commissioni non voleva saperne.
Non ci stupisce:
Egli è sempre il leale e fermo conservatore del «torniamo allo Statuto», egli è sempre il conservatore rigido nel mantenere fino all’iperbole il privilegio dell’articolo 5 dello Statuto, e non può ammettere che, a questo articolo 5 dello Statuto, la Camera, a mezzo delle Commissioni, dai dei colpi di lima.
Egli difende il privilegio del suo re.
Ed è meravigliosamente a posto.
Ma tutti coloro i quali avevano provocato la crisi dichiarando che bisognava che il Ministero si accostasse alla Camera, e che la politica estera cessasse di essere privilegio di una piccola accolta di uomini, di oligarchi, che occorreva integrare ogni forma del controllo parlamentare, costoro non sì tosto furono alla soglia sospirata, costoro, questi repubblicani, questi radicali, questi riformisti si affrettarono a cedere...
Ma vi pare veramente che questa sia l’ora migliore di abbandonare le estreme idealità:
Se c’è una verità che esce dall’ora tragica di quest’ultima storia, è l’aspirazione repubblicana dei popoli che hanno visto nella guerra che cosa i re, questi nostri padroni della vita e della morte dei loro sudditi, (Applausi da una parte della estrema sinistra - Rumori vivissimi dagli altri banchi - Proteste - Commenti), questi padroni della pace e della guerra hanno potuto fare, attirando sopra di sé l’esecrazione di tutti i popoli.
(Rumori - Proteste - Commenti).
Ecco che tale aspirazione si raccoglie ora sotto l’unica bandiera che la possa portare al suo trionfo; la bandiera socialista.
(Approvazioni all’estrema sinistra - Rumori - Commenti).
Influenza di giornalisti e cancellazione del pensiero delle masse.
La Censura.
Vi sono stati degli altri fatti che hanno avuto il loro interesse.
Per la prima volta durante la crisi, mentre non si interrogavano per la brevità del tempo i così detti alti dignitari dello Stato, si è sentito il bisogno di udire alcuni giornalisti, uno venuto per raccomandare un ministro del suo cuore, l’altro precipitatosi al suo seguito per difendere il rispetto che si deve alla concorrenza industriale.
(Si ride — Commenti).
Ebbene questo fatto è stato visto come un grande fenomeno di democrazia, ma io non sono di questo parere.
I giornalisti non si ascoltano nei gabinetti:
si leggono nei loro giornali quando sono giornalisti che sanno scrivere i loro giornali, e non sono soltanto giornalisti che sanno venderli.
(Commenti).
L’opinione pubblica è nei giornali e non nei giornalisti:
Onorevole Boselli, volete l’opinione dei giornalisti:
Non disturbatevi a ricevere i giornalisti, ma abolite la censura.
(Commenti).
Quando si farà la storia dei disastri della guerra, delle sue immani d’istruzioni, vi sarà un capitolo difficilissimo a ricostruire, ma di un interesse grandissimo, vale a dire, che cosa ha fatto perdere al mondo la censura dietro la quale si sono trincerati tutti i Governi.
Può dirsi che in un’epoca nella quale si svolge la storia più mostruosa e violenta che sia mai stata, non abbiamo veduto uscire alcuno di quei cervelli che rappresentano a così dire il cervello della razza, in cui si integrano tutte le forze intellettive della razza;
e così mentre tutti i governanti si abbandonavano come trascinati alla deriva, inetti a possedere e a dirigere gli avvenimenti, noi stiamo ancora cercando l’eroe di Carlyle che sappia trovare il filo per dipanare la grande matassa.
Orbene, mentre non si è rivelato il grande cervello, non fu permesso che lo sostituisse il cervello democratico della collettività.
Voi, dico di tutti i Governi, proprio nell’ora che più avevate bisogno della collaborazione universale del pensiero, vi siete rinchiusi, ritirati in un dogmatismo del vostro potere al quale i fatti contrastavano troppo insolentemente.
La censura è stata l’espressione di questa cancellazione del pensiero nella collaborazione delle masse all’opera dei governi.
I governi hanno creduto di appropriarsi la cura delle anime dei loro sudditi.
Non si sono limitati a stabilire dei criteri oggettivi di polizia militare e di polizia diplomatica, ma hanno creato un codice di induzione psicologica per dire ciò che fa bene allo spirito e ciò che fa male, ciò che sostiene l’animo e ciò che lo deprime.
Essi sono tornati al criterio della lettura di edificazione e della lettura immorale.
Hanno fatto forse anche una cosa di peggio.
Tutto il mondo dell’intelligenza ha abdicato.
Gli intellettuali hanno voluto stabilire che sono più zelanti servitori dello Stato che della verità secondo la tradizione mecenatesca.
Il poeta Romain Rolland, che ha posto all’Europa angosciata questo problema: se lo Stato, mettiamo pure la patria, abbia maggiori diritti della verità, per poco non è stato lapidato...
(Approvazioni all’estrema sinistra).
L’anima delle plebi agricole.
Ma almeno quale è stato il risultato:
Che cosa ne avete ottenuto:
Rispondo oggettivamente e la risposta la ricerco nei vostri banchi.
Me la dà l’onorevole Bonomi con quel suo articolo con cui, l’amico Giacomo Ferri ha detto che ingiuriava le plebi e che io dico invece che ne faceva l’esaltazione.
Vedete come le opinioni sono diverse:
Ne faceva l’esaltazione perché quell’articolo vuol dire che le plebi rurali in Italia, e specialmente quelle delle Valle Padana — che egli meglio di ogni altra conosce, che non sono le più disagiate, ma anzi relativamente le più agiate, e che hanno consuetudini di alfabeto, di giornali, di discussioni politiche, queste plebi rurali, sottomesse durante un anno e mezzo ad una propaganda rafforzata di dottrine uniformi,
abolita ogni propaganda in senso diverso da quella ufficiale — dopo un anno e mezzo si ritrovano a credere ancora che questo ciclo fatale degli anni 1914, 1915, 1916 non sia, no, il ’48, il ’49, il ’59, e il ’60, San Pancrazio e Palermo, ma questa immane tragedia presa nella sua complessità, a prescindere da episodi pur grandi e gloriosi (e la teorica accettata da tutte le parti che si possa aggredire per la difesa rende ancora più oscura la definizione suprema delle responsabilità), sia, per l’accezione che le plebi rurali, nella fiera autonomia della loro coscienza, ne hanno, sia, anziché una guerra per la libertà, sia una guerra per l’Impero.
(Rumori — Approvazioni all’estrema sinistra).
CARCANO, ministro del tesoro.
È la continuazione di Bezzecca:
(Vive approvazioni).
MODIGLIANI.
Questi sono errori storici:
(Rumori).
MARCHESANO.
L’onorevole Modigliani non capisce la connessione:
TREVES.
E per questa fiera autonomia di coscienza, han potuto mantenere libero il proprio giudizio, intravvedere malgrado l’unica, intensa propaganda di Stato, quella oscura verità intuita dalla loro anima di lavoratori socialisti, venuti al socialismo non come si passa, da un fanatismo ad un altro, dalla aspettazione di un paradiso cattolico alla aspettazione di un paradiso socialista, ma attraverso tutta una evoluzione che l’onorevole Bonomi non può ignorare, attraverso tutti gli stadi della democrazia, anche quella liberale e critica, anche quella nazionale, per sboccare infine nella democrazia socialista, dapoiché hanno inteso che soltanto in essa era l’espressione completa della rivendicazione dei loro diritti ed hanno altresì inteso in essa che impero e socialismo sono termini antagonistici che la loro coscienza non arriverà mai a confondere.
(Approvazioni all’estrema sinistra).
Restate fermi sulla via di tutte le libertà.
In complesso se io avessi l’autorità di dirvi cose che potessero essere da voi seguite vi direi:
voi del Ministero nazionale date almeno alla Nazione questo supremo conforto e questo supremo onore:
restate fermi sulla via di tutte le libertà;
rispettate il Parlamento, convocatelo di frequente, non mandateci a casa con l’intenzione di richiamarci a novembre o a dicembre.
Il Parlamento francese si raccoglie di frequente:
ciò di cui non si può parlare in pubblico viene trattato in segreto, ma il Parlamento vive ed il controllo vive, e questo Parlamento e questo controllo sono anche essi della Nazione e non siamo disposti ad abdicarvi.
(Commenti).
Liberate i giornalisti, abolite la censura, liberate gli internati:
riducete la questione al diritto umano:
quelli su cui i sospetti son fondati e quelli su cui nulla consta, che non vengono neppure dalla zona di guerra, e che sono evidentemente le vittime delle reazioni locali, rimandateli.
Restituite loro la libertà, liberate anche i nostri comuni, di cui la nostra sezione quinta del Consiglio di Stato, in questo frattempo, sta continuando la sua persecuzione, cancellando sistematicamente dai loro bilanci tutto quello che era stabilito per assistenze locali, persino i sussidi ai richiamati.
(Approvazioni all’estrema sinistra).
E lei, onorevole Carcano, poiché parla di Bezzecca, ricordi che deve essere presentata alla Camera l’ultima legge fiscale, che la legge cosidetta dei pieni poteri — e l’onorevole Orlando, me ne farebbe testimonianza, se fosse semplicemente il professor Orlando — non vi esonera dal presentare.
È una questione di forma, ma in questa questione di forma c’è tutta la sostanza della vita nazionale, e delle guarentigie parlamentari.
CARCANO, ministro del tesoro.
Il suo desiderio è già soddisfatto.
La legge è già presentata alla Camera.
MODIGLIANI.
È una correzione, è un pentimento.
(Interruzioni — Rumori).
TREVES.
Prendo atto con grande compiacenza delle parole del ministro:
mi riservo di vedere se l’applicazione risponde alle promesse e ci troveremo tutti d’accordo.
La politica di S. E. Sonnino.
Ma si dice questo: che tutto ciò voi non potete fare perché c’è di mezzo l’onorevole Sonnino.
Dicono che non potete farlo perché l’onorevole Sonnino non è soltanto incaricato di rappresentare la continuità della politica estera del Ministero precedente; ma anche la continuità della politica interna (Commenti).
In realtà — io parlo con molta franchezza e non credo di mancare di rispetto parlando con franchezza, perché ho dell’onorevole Sonnino molta ammirazione e molta stima — se c’era ministro che nel Gabinetto precedente fosse discusso era proprio lui, ed anche il più colpito per una costante sconcordanza tra l’attesa e gli eventi in tutta la materia che era sotto la sua giurisdizione.
Egli non ha parlato alla Camera della Grecia senza che i fatti venissero a stabilire che le cose andavano diversamente da quello che egli supponeva.
(Commenti).
Egli non può dirsi soddisfatto della politica Balcanica, e non può dirsi soddisfatto neppure del modo con cui i nostri alleati hanno applicato ed interpretato i nostri rapporti economici.
Egli non può essere soddisfatto della situazione nel basso Adriatico, ecc.
Tutto ciò è stato argomento di critiche, più che dai nostri, da altri banchi.
Non è sufficiente spiegazione quella della continuazione della politica estera, perchè, a prescindere da cose che non possiamo sapere, cioè a dire da piani vostri, da vedute vostre, che voi non avete mai comunicato in questa Camera e che neanche siete andato alla Sorbona a Parigi per comunicare, a prescindere da questi piani misteriosi che non conosciamo, la vostra continuità nella vostra politica estera è costituita semplicemente dalla continuità della politica generale delle alleanze, dalla continuità generale della politica della guerra, nel giorno per giorno degli avvenimenti, secondo gli interessi della alleanza.
E allora evidentemente ogni altro al vostro posto, evidentemente l’onorevole Bissolati - che nella sua modestia ha voluto finire nella parte del Gabinetto che diventerà decorativa, rappresentativa, oratoria, distinguendosi dall’altra parte del supremo collegio del Ministero, cui spetterà la trattazione degli affari - anche l’onorevoli Bissolati avrebbe potuto sostituirvi e certamente con delle vedute che agli alleati sarebbero state gradite almeno quanto le vostre.
Eppure la sorte non ha voluto così, e voi siete rimasto per la politica interna malgrado la politica estera.
Raccomandazioni platoniche del gruppo socialista al Ministero Boselli.
Altra ragione questa perchè noi non possiamo confortarvi della nostra adesione.
Possiamo soltanto farvi delle raccomandazioni platoniche che voi applicherete in quanto vi piacerà, e soprattutto in quanto potrete, ma sarà uno scarico dell’animo nostro averlo fatto.
In primo luogo noi vorremmo che nell’alleanza si sentise un soffio di spirito più eguilitario.
Sarebbe strano, se da parte mia sfoggiasse un' iperestesia nazionalista, ma, patriota al mio modo, mi preoccupo che l’Italia non diventi nella Quadruplice quella che è stata nella Triplice, (Vive approvazioni all’estrema sinistra), la souffre douleurs;
mi preoccupo che la fisonomia e gl’interessi particolari dell’Italia siano conservati e difesi nella loro intera individualità.
lo sono di quelli che hanno ritenuto fino all’ultim’ora che per alcuni fatti che sono indeclinabili, perché sono scritti e scolpiti nella natura, la posizione geografica del nostro Paese, la sua posizione che lo fa come termine mediano in Europa, e lo mette in un certo senso arbitro tra due grandi razze, la germanica e la slava, avesse ragione di mantenere una neutralità che gli permettesse all’ora grande storica di far valere questa sua missione...
MARCHESANO.
Come la Grecia:
(Bravo:)
TREVES.
La Grecia cade sotto l’oppressione della violenza compiuta anche dalla Quadruplice:
(Vivissimi rumori — Approvazioni all’estrema sinistra).
MARCHESANO.
Ah: Quella dei tedeschi è la giutizia:...
(Commenti).
TREVES.
Potrete dire che è una necessità ed io già altra volta mi piegai a questa parola.
Ma per la serietà di tutti non diciamo che questa è la libertà, ma la negazione della libertà.
(Rumori — Commenti).
Noi domandiamo che il nostro paese abbia una influenza positiva nel seno della Alleanza e che sia sufficientemente difeso da certe intrusioni di diplomatici.
Un deputato non sospetto, l’onorevole Cabrini, ha presentato un’interpellanza il cui senso, se l’ho interpretato bene al lume dei fatti che mi sono noti, sarebbe questo:
non acconsentire alle cupidigie degli imprenditori francesi, i quali si fanno autorevolmente rappresentare a Roma, e stracciano i contratti di lavoro già preparati dal Commissariato di emigrazione ad oneste condizioni, quali sono desiderati altresì dai compagni lavoratori della Francia e che non sono quelli sui quali tenta di speculare il padronato francese.
(Commenti).
Vogliamo che l’alleanza, per esempio, non ci dia questo spettacolo: di essere l’alleanza dei padroni esteri contro i lavoratori italiani.
E aggiungerò che non ho che una grande apprensione per tuttociò che voi state combinando o che avete combinato a Parigi.
Rivendichiamo la libertà del pane.
L’onorevole Sonnino promise la ratifica del Parlamento per gli impegni della cosidetta Conferenza economica per il dopo guerra.
Ora io dissi già, a nome del mio partito che, sino a quando durerà la guerra e, come necessità di guerra non c’è che da piegare il capo.
Ma se le condizioni di cui hanno dato comunicazione alla stampa in ordine agli intendimenti economici del dopo-guerra, fossero la verità, allora ancora di più io penso che quei certi lavoratori del Mantovano avrebbero ragione di pensare che questa non è guerra per la libertà, ma è guerra per l’imperio.
(Commenti).
Noi vedremo in questa organizzazione economica la rivincita in Europa di un sistema, che, se non è identico, è assai analogo al sistema unionistico del Chamberlain quale l’aveva concepito per le colonie.
Ora i popoli d’Europa e tanto più i proletari d’Italia, e credo di tutto il mondo, non sono disposti, per la stessa ragione che dicevo prima, a diventare i «coloniali» di alcuna politica economica di sopraffazione, i souffre douleurs delle ricche economie dei nostri padroni alleati.
I consumatori d’Italia pensano che la mancata concorrenza del carbone tedesco al carbone inglese sia sufficientemente grave in tempo di guerra, perché in tempo di pace noi non dobbiamo voler continuarne con le nostre mani i danni;
i nostri lavoratori agricoli di tanta parte d’Italia sono profondamente convinti che se c’è una libertà da rivendicare al mondo, è quella di prendere il proprio pane e di vendere il proprio lavoro in qualunque paese, in qualunque luogo il destino lo voglia.
(Commenti).
Non c’è da esitare:
questo è il primo attributo della libertà umana.
I vostri calcoli, se vengono a ferire questa libertà, sono calcoli iniqui.
E la necessità politica che vi può scusare in tempo di guerno, non vi scuserà di poi.
La nostra esportazione viene a trovarsi in profonda concorrenza con i prodotti similari della Francia.
Ma è strano che l’Italia, condotta da tanti boriosi nazionali e persino nazionalisti abbia sempre, in qualunque modo si cangino le alleanze, a seguire un indirizzo per cui si possa richiamare il servire sempre o vincitrice o vinta.
Francesco Crispi cresimava la Triplice alleanza sacrificando il Mezzogiorno con la denuncia dei trattati di commercio con la Francia.
(Interruzione del deputato Colajanni).
Orbene io vi domando se la Quadruplice dopo la guerra dovrà continuarsi col sacrificio dei nostri mercati naturali d’esportazione.
Queste sono questioni che bisognerà che noi discutiamo a fondo, senza il timore reverenziale dei nostri alleati.
Perché alleanza e sfruttamento sono termini che male si accordano.
(Commenti).
E veniamo all’ultimo.
Se noi domandiamo questa influenza per il nostro paese nel seno dell’alleanza, è perchè crediamo che l’alleanza, come qualunque società di diritto, sia passibile di giuridiche modificazioni, tali, ad esempio, che invece di legare la sorte della alleanza stessa al principio della unanimità dei voti, che è speso il voto del singolo che è tirannico, si faccia prevalere il principio latino della maggioranza dei voti;
ciò sarebbe veramente, secondo me, rendere omaggio al principio democratico del sistema delle maggioranze.
La parola della pace.
Noi vogliamo poter dire che il nostro paese ha esercitato ancora, per quanto era nei tempi possibile, la sua funzione di mediatore plastico in Europa, la sua missione di preparatore della pace in Europa.
Abbiate questa fierezza, onorevoli uomini del mio paese, di essere i leaders nel campo internazionale di questa grande parola che fa palpitare in questo momento i popoli, la pace.
Se voi non sentite che cosa è già avvenuto in tutti i paesi d’Europa;
voi non avete nessuna nozione della realtà.
Tutti sentono che il mondo della violenza e della strage è precipitato, sopratutto per la sua arida infecondità.
(Bravo).
Da tutte le parti viene il grido del rinsavimento.
In Francia (e cito i miei compagni che in quell’ora veramente furono sublimi di audacia ad affrontare in quel modo una momentanea impopolarità) tre socialisti sono sorti a domandare al Governo francese che iniziasse proposte di armistizio.
Ciò vi parrà audace fino alla temerità.
Ma...
(Interruzione del deputato Colajanni — Vivi commenti all’estrema sinistra).
PRESIDENTE.
Facciano silenzio, onorevoli deputati.
Continui, onorevole Treves.
“ Gli occhi che s’aprono ”
TREVES.
Molte cose sono accadute in Europa, che vi possono spianare la via.
Quello spurio socialismo imperiale, kaiserista, è presso a poco finito;
vive, come una larva, nel Reichstag, ma nel paese tedesco è ovunque sconfessato.
(Rumori vivissimi).
Tutte le organizzazioni politiche e socialiste della Prussia hanno deposto i loro capi ed hanno insediato gli uomini di Zimmerwald.
MARCHESANO.
Perché non hanno vinto nella guerra:
(Commenti — Conversazioni).
TREVES.
Ma voi volete qualche cosa, che vi avvicini di più col sentimento e col pensiero al mio argomento, Lo trarrò dai circoli, che non sono nostri, anzi sono più lontani da noi, dove parve che il rinsavimento fosse più lento e difficile, da quei circoli intellettuali, il cui intellettualismo è diventato, nel manifesto famoso ed abbrobrioso dei 93 tedeschi, una mostruosa negazione di verità.
Orbene, fra quei 93 intellettuali ci sono i pentiti...
(Rumori — Interruzioni).
Il giornale L’Independance Belge, per il quale non potrete scarseggiare di fiducia, ha stampato sotto il titolo significante Les yeux qui s’ouvrent nel suo numero dell’11 di questo mese una lettera del dottor Max Plank dell’Università di Berlino...
(Oh: Oh: - Rumori vivissimi)...
uno dei novantatre firmatari del manifesto, una lettera che egli dirigeva al professore Lorentz dell’Università di Leida.
Ed in questa lettera si lamenta dei malintesi a cui ha dato luogo il manifesto famoso dei novantatre e dice che la sua opinione era condivisa da Adolfo Harnach...
Voci a destra.
Chi è:
MODIGLIANI.
Domandatelo all’onorevole Meda:
Egli lo sa:
TREVES.
Taccio il lungo elenco delle altre notabilità, perché qui non sono sufficientemente note:...
(Interruzioni a destra).
Dice dunque che la sua opinione era divisa da molti altri intellettuali, e che quell’appello rifletteva, nella sua composizione, la eccitazione delle prime settimane della guerra...
(Interruzioni — Rumori).
... Voleva significare, e non poteva costituire, altro che un atto di protezione dell’esercito tedesco contro le accuse accanite di cui era oggetto... (Rumori) e gli intellettuali si rifiutavano di separare allora la loro causa da quella dell’esercito tedesco...
MARCHESANO.
Perché vinceva:
TREVES.
Ed egli aggiunge:
«Noi non potevamo essere responsabili di tutti gli atti individuali e di tutti i tedeschi sia in guerra che in pace.
(Rumori vivissimi).
E continua rinviando ad altro tempo l’esame obiettivo ed in contraddittorio che determinerà dove bisogna fissare la responsabilità prima dello scacco degli sforzi verso la Russia.
E conclude:
«fin d’ora, però, voglio assicurarvi che ci sono regioni nel mondo intellettuale e morale, lontane dalla lotta nazionale e che una onorevole cooperazione in vista di mantenere i valori della civiltà internazionale, come il rispetto nazionale ai figli di un paese nemico, non sono incompatibili con l’amore ardente della patria...»
(Rumori vivissimi).
Voci.
E la libertà del Belgio:
TREVES.
Se voi non accogliete queste voci del vasto mondo che vengono sino a noi, voci di dolore, voci di pentimento...
(Rumori vivissimi).
Voci.
È la paura:
TREVES.
... voci di attesa e di speranza, voi non siete preparati all’ora storica.
La tragedia è finita.
Una trasformazione profonda sta avvenendo nel mondo.
Soltanto i vostri ambasciatori che hanno da far dimenticare, con nuove piaggierie: le antiche piaggerie austriache, possono dire all’estero quello che non dice il ministro degli esteri in Italia sopra i fini e sopra la continuità della guerra.
Orbene, noi vi diciamo:
se voi sentite queste voci, se voi fate tesoro di queste espressioni del sentimento e del dolore umano, se voi comprendete che la tragedia è finita, veramente finita per quello che voleva essere e non ha potuto fortunatamente essere (Approvazioni all’estrema sinistra — Commenti);
se voi sentite che la continuazione della guerra sia oggi come un macello senza fine e senza ragione (Rumori), dite la parola benedetta, e l’Italia un’altra volta sarà la regina del mondo, e noi benediremo questa nostra piccola patria, cuore della grande patria del mondo:
(Applausi da una parte dell’estrema sinistra, ove alcune voci gridano: Abbasso la guerra:
Viva il socialismo:
— Vivaci insistenti proteste da altri banchi —
Il deputato Arcà grida: Viva la guerra:
Viva la vittoria:
Viva l’Italia:
— Applausi calorosissimi e prolungati ai quali si associano le tribune —
Grida generali:
Viva la vittoria:
Viva l’Italia:
— (Commenti animati).