Le scarpe al sole: cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino Frase: #270
Autore | Monelli, Paolo |
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Professione Autore | Scrittore, giornalista |
Editore | L. Cappelli |
Luogo | Bologna |
Data | 1921 |
Genere Testuale | Memorie |
Biblioteca | The University of Connecticut Libraries (Internet Archive) |
N Pagine Tot | 227 |
N Pagine Pref | |
N Pagine Txt | 227 |
Parti Gold | [122-131] [1-121] [132-229] |
Digitalizzato Orig | Sì |
Rilevanza | 3/3 |
Copyright | Sì |
Contenuto
Non hai lasciata l’amorosa a casa, alpinotto dal viso tondo come un pagnotta, che canti a voce spiegata con la mano aperta accanto alla bocca, ora che le prime linee sono lontane:
Intona dunque la canzone dell’amorosa che aspetta, che noi sappiamo bene che non è vero, ma lo cantiamo lo stesso, perché illudersi fa caldo al cuore e perché si diventa sentimentali la sera dopo che s’è lavorato tutto il giorno a fare il mestiere della guerra.
Poi se anche la gola si asciuga, arrivati alla baracca faremo rotolare fuori della tenda del cantiniere un barilotto di Valdobbiadene, e nella tazza di latta sarà un breve paradiso biondo, meglio dei suoi capelli folli, meglio della casa lontana.
Perché dice il caporalmaggiore Ferracin, che in accantonamento è sempre ubbriaco, ma in combattimento è sobrio e coraggioso, e sarebbe già sergente senza quel viziaccio, dice Ferracin tirandosi la barba lunga e crespa:
— Co ghe xe del vin, se pol continuar la guera fin che Dio vol.
E in questa benedetta valle Sugana, il caporalmaggiore Ferracin non ha nessuna difficoltà a continuare la guerra fino alla consumazione di tutti gli austriaci, in questa felice valle Sugana che ha le cantine piene di vino e i granai colmi di mele odorose, e Monegat il rosso va di pattuglia con fiasco e sacchetto a terra, per riempirli.
E si combatte per paesi vuoti contro un nemico appostato dietro il muretto del cimitero o nel parco dell’albergo: