Lettere di combattenti italiani nella grande Guerra (vol.2) Frase: #164
Autore | |
---|---|
Professione Autore | |
Editore | Edizioni Roma |
Luogo | Roma |
Data | 1935 |
Genere Testuale | Lettere |
Biblioteca | Biblioteca di Area Umanistica dell'Università di Siena |
N Pagine Tot | 241 |
N Pagine Pref | |
N Pagine Txt | 241 |
Parti Gold | 7-46 |
Digitalizzato Orig | No |
Rilevanza | 2/3 |
Copyright | Sì |
Contenuto
Ho visto quassù, da vicino, il volto della guerra nella gran massa di soldati che ritornano dal fronte per riposarsi o che sono qui di passaggio per andare lassù.
Questa gente, che ha visto la morte sopra di sè in ogni istante o che va ad affrontarla per la prima volta, non è più la folla indifferente che vediamo nella vita normale: è un’umanità che mostra la migliore parte di sè, gente buona, mite, affratellata.
C’è anche un grande risveglio religioso che mi sembra sincero e fervido.
L’altro giorno ad un reggimento di fanteria, accampato vicino a noi, giunse l’ordine improvviso di partire per le trincee; i Cappellani improvvisarono una funzione religiosa nella chiesa di un paesetto qui vicino, e la chiesa in pochi momenti si riempì di una folla di soldati, inginocchiati e assorti nella preghiera.
Un’altra folla, enorme, si ammassava sul piazzale di fronte alla chiesa.
C’erano militari d’ogni età, giovani di vent’anni e uomini maturi sulla trentina, con lunghe barbe, col viso assorto in pensieri lontani; volti abbronzati dal sole, con tracce delle fatiche e del dolore; teste brizzolate, volti nascosti tra le mani congiunte in atteggiamento supplice di abbandono e di preghiera.
Io ed altri ufficiali che assistemmo alla funzione ne uscimmo con la gola serrata dalla commozione.