Voci della Grande Guerra

Tutta la guerra: antologia del popolo italiano sul fronte e nel paese Frase: #76

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AutorePrezzolini, Giuseppe
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreR. Bemporad
LuogoFirenze
Data1918
Genere TestualeMemorie
BibliotecaBiblioteca Comunale di Trento
N Pagine TotXV, 398
N Pagine Pref15
N Pagine Txt398
Parti Gold2-405
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

La guerra santa gli aveva richiamato quindici o venti classi dei suoi ragazzi e ognuna di quelle faccie di intrepidezza gli ricordava anni di virilità, giorni di gloria, mattinate grigie di caserma, marce alla Malga sotto la neve, marce all’oasi sotto il sollione.

Aveva stretto mille, duemila, diecimila mani rozze, buone alla piccozza, buone ad afferrare il nemico alla gola, mani callose di montanari che avevan lasciato la moglie incinta e l’olivo non potato e il fieno non falciato, ma avevan detto a tutti partendo:

«Niente paura, io vado a far parte della brigata di Antonio Cantore:»

E Antonio Cantore s’era rimesso al lavoro.

Una notte sulle pendici del Monte Campo, Antonio Cantore era in ricognizione.

Non aveva voluto con sè altri che il suo sergente, un reduce dalla Libia ch’era restato nell’esercito per restare con lui, che aveva dato un addio alla vita libera, alla sua famiglia, ai suoi monti pure di non scostarsi dal suo generale.

Quando Cantore è morto, quest’uomo che forse, non aveva mai pianto, che aveva visto a centinaia morti e straziati e sofferenze e dolore e lacrime senza batter palpebra, quest’uomo ha chiesto e ottenuto un mese di licenza per poter rammaricarsi a lungo solo, per poter rugumare in silenzio i ricordi e i rimpianti.