Voci della Grande Guerra

Tutta la guerra: antologia del popolo italiano sul fronte e nel paese Frase: #12

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AutorePrezzolini, Giuseppe
Professione AutoreScrittore, giornalista
EditoreR. Bemporad
LuogoFirenze
Data1918
Genere TestualeMemorie
BibliotecaBiblioteca Comunale di Trento
N Pagine TotXV, 398
N Pagine Pref15
N Pagine Txt398
Parti Gold2-405
Digitalizzato OrigNo
Rilevanza2/3
Copyright

Contenuto

Io, e tanti di voi, siamo stati tra gli ottimisti a cui per lunghi mesi parve che la neutralità potesse durare, e mantenersi senza nostro disonore e senza nostro svantaggio; e non ci saremmo forse ingannati, se la guerra fosse stata breve, se le sorti di essa si fossero decise in pochi mesi:

ma quando la guerra, estendendosi ed approfondendosi, mutò di obbietto, quando la questione della Serbia fu assorbita dalla più vasta competizione fra la triplice intesa e gli imperi centrali, investendo tutto il problema dell’assetto europeo, apparve troppo prevalente il pericolo del domani d’Italia, perchè si potesse più oltre difender un atteggiamento d’inerzia e di indifferenza, che ci avrebbe isolati nel mondo, non solo radiandoci dal novero delle grandi potenze, ma condannandoci a un’esistenza inferiore, costituendoci bersaglio di disprezzo e di vendette, e rendendo forse necessaria, a breve scadenza, una guerra per la vita, una guerra per la quale non avremmo avuto nessun alleato, nessun amico, nessun aiuto, forse nessuna simpatia.

Onde se fu patriottismo la difesa della neutralità finchè fu lecito sperare che essa ci avrebbe risparmiati i danni e i dolori di un intervento, sarebbe stato errore e colpa il persistervi il giorno in cui apparve troppo probabile, per non dire certo, che dolori e danni maggiori ci sarebbero derivati dall ostinarci ad evitarlo.

Io non ignoro che in molti, o per la tenace sopravvivenza delle aspirazioni alla pace e della avversione ad ogni forma di violenza, o per difetto di cognizioni politiche e storiche, permane il convincimento che l’Italia avrebbe potuto e dovuto tenersi in un rigoroso riserbo;

ma noi non potremmo più essere tra costoro senza disconoscere le emergenze dei fatti, contro i quali è vano lottare, e dai quali è troppo facile essere travolti quando ci si ostini a negarli sol perché si preferirebbe che fossero diversi da quel che sono.

Nè con ciò io e voi facciamo la più piccola rinuncia a quelle concezioni che nel nostro spirito si sono formate per l’opera salutare esercitatavi dalla educazione cristiana:

noi non eleviamo alla guerra un altare nel nostro cuore, noi non l’accettiamo per altro da quel che essa è, vale a dire una triste necessità;