Diario di guerra: appunti presi sulle linee, nei comandi, nei consigli interalleati Frase: #213
Autore | Bissolati, Leonida |
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Professione Autore | Politico |
Editore | Einaudi |
Luogo | Torino |
Data | 1935 |
Genere Testuale | Diario |
Biblioteca | Biblioteca di Area Giuridico Politologica "Circolo Giuridico" Siena |
N Pagine Tot | 139 |
N Pagine Pref | |
N Pagine Txt | 139 |
Parti Gold | pp. 25-64 |
Digitalizzato Orig | No |
Rilevanza | 2/3 |
Copyright | No |
Contenuto
EspandiSULL’ISONZO, IN CARNIA, AL COMANDO Dal 15 gennaio 1916 al 25 febbraio 1916 15 gennaio 1916.
— Parto da Roma in treno.
— Col Generale Mambretti.
16 gennaio.
— Arrivo Udine.
— Partenza la sera per Cividale dove pernotto presso Carabinieri.
17 gennaio.
— Musdaci Ten.
Colonnello.
— Dr. Gandolfo (automobilista).
— Fissone, Maggiore Comandante di tappa.
— Colazione presso il Comando.
— Parto per Cividale, automobile.
— Caporetto.
— Il Colonnello Ferretti (la rappresentazione di Pilotta, atleta).
18 gennaio.
— A piedi da Caporetto.
— Trovo a Drezenca il mio Colonnello e il Cap.
Dalmasso, presso il Colonnello Como.
— Arrivo a Jezerka (nebbia).
19 gennaio.
— Gita col Colonnello a Magotz (batt.
Cividale) — Tempo splendido.
— Ci bombardano.
— Arriva notizia resa Montenegro.
— Nella notte gli austriaci avevano fatto l’urrà.
20 gennaio.
— Tempo nebbioso.
— Continuano le granate.
— Scopro la cagnetta Jezerka coi cagnolini.
— Lettera da Salandra.
21 gennaio.
— Giornata splendida.
— Alle linee di fuoco col Colonnello.
— La cavalcata.
— Il Maggiore Borgia e il tenente Balzanello.
— I magnifici ricoveri.
22 gennaio.
— Riposo.
23 gennaio.
— A Zakrain (Gambaro- Capriolo).
24 gennaio.
— Marcia notturna agli avamposti dell’11 Bersaglieri.
— Ottimi trinceramenti.
— Bella truppa.
— Ritorno a Jezerka.
25 gennaio.
— Col Capit.
Spelta al Potoce, al Val Toce Maggiore Pietra.
— Si arriva la sera.
— La passeggiata al plenilunio.
26 gennaio.
— Al Potoce.
— Mi faccio «cecchino».
Mi rispondono.
— Accanto a me il S. Tenente Sacchi di artiglieria lievemente ferito.
27 gennaio.
— Discesa dal Potoce.
— Maggiore Casali.
— Rivedo il Val d’Orco.
28 gennaio.
— Riposo.
29 gennaio.
— Idem.
Conosco il Capit.
Caporali.
30 gennaio.
— Traduco per l’ufficio tutto il numero della Feldpost (per uso ufficiali) che sarà lanciato nelle trincee austriache.
31 gennaio.
— Visita alla tomba del mio Sonza a Drezenca.
1 febbraio.
— Scesa a Caporetto col Cap.
Dalmasso.
— Lavoro col Cap.
al diario (La proposta Pedroletta del Val Toce pei carboni).
2 febbraio.
— Dolce riposo.
— Sole primaverile.
— Si gioca col cavallo e si passeggia.
— Vedo Salvi (batt.
Ivrea) che mi porta notizie di Carolina.
3 febbraio.
— Scrivo per Destrée la mia autobiografia.
4 febbraio.
— Idem.
— Mi giunge notizia morte Talamo.
5 febbraio.
— A Zakrajo (Il Maggiore Testafochi).
— Alle linee dei Bersaglieri del 9° Colonn.
Calderara.
— Notte al Zakrajo.
6 febbraio.
— Grande ispezione alle trincee di cresta Ursic (Magg. Chicco — rivedo Finotto).
— Vrata (Magg. Casali) Val d’Orco.
La messa in cresta.
- Dalle 8 mattina alle 8 di sera.
7 febbraio.
— Riposo.
8 febbraio.
— Il Cosacco.
— Da qual parte è salito:
— Gli faccio chiedere della Duna, degli Zemstwo.
— Non sa nulla, è un mugik analfabeta, con grande avversione agli austriaci e ai tedeschi.
— Faccia buona, che si illumina quando gli stringo la mano.
9 febbraio.
— La nevicata.
— Giunge notizia a sera delle valanghe micidiali.
10 febbraio.
— A Na-Krogu (valanga) col Colonnello e Medico.
— Incidenti a me e al Colonnello.
— La tormenta.
— Vado a Drezenca a sera per telegramma a Salandra.
— I fiori alla tomba Sonza.
— Morti a Na-Krogu e al Kozliak e al Potoce.
— Il gruppo in neve del romano Valentini alla chiesetta di Rawna.
— I tre imperatori.
11 febbraio.
— Tempo magnifico.
— La visita di alcuni ufficiali dello S. M.
12 febbraio.
— Traduco altro Feldpost per le trincee.
— Il Colonnello è sceso a Udine.
— Ricevo a ora tarda la chiamata di Thomas.
13 febbraio.
— Udine.
— Il caffè.
— Modomiti Attilio, contadino di Cividale senza un braccio — destro — tornerebbe:
14 febbraio.
— Ho dormito in via Pelliccerie, 9. — Ritorno a Caporetto coll’auto del 4 Corpo, in 1 ora e 1/4 a Jezerka.
— Il Colonnello parte per Vrata.
— Domani lo raggiungerò.
15 febbraio.
— Giorno triste.
— Nebbia.
— Piove e nevica.
— Rimando gita a domani.
16 febbraio.
— Al Vrata.
— part.
1 3/4 arrivo 5 3/4 Gen.
Como.
— Aiut.
Barzaghi.
— Partenza Cap.
Varetto.
17 febbraio.
— Nevica.
— Si delibera di scendere.
— Col Colonnello.
— Siamo bombardati.
18 febbraio.
— Ironia.
Oggi bellissima giornata.
19 febbraio.
— Avviso Carnia scendo a Caporetto.
20 febbraio.
— Partenza da Jezerka.
— Arrivo a Udine.
— Cadorna.
21 febbraio.
— Colloquio con Cadorna.
— Egli consigliò ritiro delle truppe alla costa in Libia.
— Ora il Decreto Luogotenenziale lo ha privato del comando (e relativa responsabilità) della impresa in Albania.
Egli avrebbe voluto intervento a Salonicco.
Non in Albania.
Per questo ora escluso.
Anche perchè egli sconsigliò Durazzo, dove 4 mila uomini sono insufficienti.
Da Valona fu ordinato al Comandante di Durazzo di tener fermo:
— aveva detto «qui non si può materialmente»; gli si rispose «debolezza vostra morale»; lo si mise con ciò in puntiglio, tanto che rimandò i trasporti (Manfi affondato) che erano venuti per trasportare il reparto a Valona.
— Può ivi avvenire il disastro, — così mi disse Cadorna — il quale si rifiuta di accettare ordini pei quali possa essere compromessa la sorte dell’Isonzo.
— Concesse due batterie da montagna, ma aderendo, non ubbidendo; perchè della sufficienza o insufficienza delle forze dell’Isonzo è giudice e responsabile lui.
Nota:
Sonnino mi aveva parlato della difficoltà finanziaria di una spedizione a Salonicco perchè si riservava impresa in Albania.
Necessità della forza morale del Generalissimo che invece viene minata.
(La Tribuna sostiene Cadorna per battere Salandra e Sonnino).
Il Ministro Guerra (Zupelli) si è fatta attribuire la direzione Albania col Decreto Luogotenenziale, così la guerra comincia a essere condotta a tre (Cadorna, Zupelli, Sonnino).
Partenza per Tolmezzo — il Gen. Lequio.
— A Timay stessa sera — dormo a Timau.
— Gli inglesi.
22 febbraio.
— Coll’auto-inglese Stan Romer, poi saluto il Colonn.
Zamboni di Verona (che sostituisce Franco ferito).
Sui muli ai baraccamenti.
- Magg.
Pizzarello.
— Ai ricoveri di Pal grande — le gallerie Freikofel.
— Neve.
— Notte al Pal Grande.
23 febbraio.
— La neve.
— Da Casera Pal Grande a Corno Pal Piccolo nella tormenta.
— A Pal Piccolo.
24 febbraio.
— Discesa.
— Il Cimitero a Pal Piccolo.
— Stanli Roner.
— Colazione col Colonnello Zamboni, bravissimo.
— Discesa a Timau.
— Neve, pioggia, fango.
— In camion a Tolmezzo (gli alpini).
— Trovo De Felice.
— Il caffè da Lequio.
25 febbraio.
— In auto a Udine.
— Colloquio con Cadorna.
— Partenza.
— Trovo il triestino Tenente Galanti, ferito al Merzli.
SULL’ADAMELLO E NEL COMBATTIMENTO DI MONTE CENGIO Dal 1° maggio 1916 al 2 giugno 1916 1 maggio.
— Parto con Maroni da Brescia.
— A Edolo il Tenente Premuti ci porta a Vezza.
— Il Maggiore Bonistabili.
— I prigionieri.
— Leggo il Sakmrai, Proiettili umani.
2 maggio.
— Vado a Temù.
— Giungono le notizie della fazione sull’Adamello.
— I Maggiori Ferrari e Vitalini feriti.
— Vedo al Cimitero il cadavere del Ten.
Calvi.
— L’interrogatorio dei prigionieri.
3 maggio.
— In attesa.
— Giungono altri prigionieri.
— Vorrei partire, ma un fonogramma mi fa attendere.
— La mia lettera a Cadorna.
4 maggio.
— Salgo all’Adamello.
— La teleferica.
— Con Don Bravi.
— Al Rifugio Garibaldi.
— Salgo sul passo Brizio.
— Trovo il Colonnello alla Lobbia Alta.
— Siamo bombardati nella notte.
— Dormo col Colonnello.
5 maggio.
— Partenza per la cresta Lares col Colonnello, e il Cap.
Dalmazzo.
— Nebbia e tormenta rendono inutile la escursione esplorativa, e ritorniamo alle capanne.
Bloccati tutto il giorno dalla tormenta.
— Il Capitano Calvi fratello del tenente caduto.
6 maggio.
— Il tempo si fa discreto.
— Il Colonnello scende a Edolo.
— Leggo nella Minerva il sunto del bel libro di Fayra Ribas, El socialismo y el conflicto europeo.
— Il socialismo spagnolo per l’intervento.
La neve e tormenta infuriano sempre più.
— Tuttavia le corvées traversano il pian di neve per portare viveri e munizioni alle creste avanzate — e i battaglioni vanno a dare il cambio (conosco il Magg.
Sebregondi e dormo col Maggiore Galeazzi).
Vengo a sapere del soldato che rimase ferito — nell’azione contro Fregorida — cadde in una buca — il suo riparto si ritirò — egli vi rimase, sempre preso a fucilate quando alzava il capo — finalmente dopo tre giorni si trascinò alla nostra linea — ferito a un piede — e coi piedi congelati.
— Fu portato giù durante la tormenta — i portaferiti caddero due volte — egli rotolò — sempre sorridente e sereno.
— Nella notte il vento cresce tanto che sembra onde di mare passino sul rifugio — e io ne esco dubitando sia movimento di valanga.
7 maggio.
— Tempo discreto.
— Le artiglierie duellano.
— Il nostro 149 dal Venerocolo batte il Cavento.
Essi rispondono con sbrapnels sui nostri casotti del Comando.
Si annuncia arrivo Palazzoli con giornalisti.
7 maggio 1916.
— Zona di guerra glaciale.
(Lettera).
— Siamo qui nella posizione più inverosimile che si possa immaginare.
Oggi è bel tempo, dopo dopo due giorni di orribile tormenta.
Le nostre tane sono a 3300.
Spettacolo meraviglioso quello della natura, ma più ancora quello degli uomini che la vincono.
8 maggio.
— Notte fredda.
— Riprende a nevicare.
— Situazione dolorosa.
— Come potranno ancora resistere queste truppe:
—
La impresa del tentativo di sforzare di qui, mi appare oggi pazzesca.
Arrivano i giornalisti con Palazzoli.
— Tormenta.
9 maggio.
— Bellissimo sole.
— Si sale coi giornalisti la Lobbia Alta.
— Panorama meraviglioso.
— I giornalisti partono.
— Salgo il Cormo Croce, indi assisto a duelli di artiglieria.
10 maggio.
— Giornata meravigliosa.
— Col Colonnello al Passo Brizio, indi giù alla costruzione della teleferica, dal Rifugio.
— Ritorno pei passi Venerocolo e Venezia.
— Siamo presi, noi due soli, da neve e fitta nebbia.
— Dopo lunga marcia ritroviamo la via dove incontriamo il Batt.
Aosta (Testafochi, Cossanella e Gabriolo).
La colonna è bombardata; mirabile sotto il fuoco — non rallenta e non accelera.
— Cena con Gabriolo — mandiamo saluto a sua moglie.
11 maggio.
— Nevischio, ma non fa freddo.
— Leggo nella tana.
È giunta iersera la notizia della brillante operazione sul Crozzon del Diavolo, che domina il passo e sentiero pel rifugio di Lares.
— 10 morti.
— 15 prigionieri — nessuna perdita nostra.
— Operazioni sotto direzione del Maggiore Sebregondi, esecutore il tenente Galletto (sarà premiato).
12 maggio.
— Bel tempo.
— Sole e nuvole.
— Montagna meravigliosa.
— Col Colonnello — in camicia bianca, perchè si passa a tiro della mitragliatrice — andiamo alla cresta Lares.
— Il Batt.
Aosta.
— Lo Stato Maggiore entro la grotta di neve.
Vediamo le posizioni e i baraccamenti austriaci sotto il passo di Topete.
— Si sale alla cresta, fino dove permette la mitragliatrice posata sul Cavento.
Sciata di ritorno al disopra della bergsgrunde.
— Appena passati, si bombarda il luogo dove siamo passati.
A pranzo sopravviene il povero dottore di Reggio Calabria.
— Lo muniamo di roba di lana e di buoni consigli.
— Simpatico giovane.
— Perchè lanciarlo di là a qui:
12 maggio ’16.
— A 3300 metri.
(Lettera).
— Vita certo disagiata e qualche volta dolorosa fisicamente — ma che ha in sè una grandezza magnifica.
Qui il Comando è composto di quattro baracche di legno penetranti nello strato di neve che scende dalla cima — una delle cime coronanti le creste da cui il pian di neve è traversato.
Dormiamo a due a due in uno spazio di un paio di metri quadrati.
Ma noi siamo i principi:
quanti soldati dormono dentro alle grotte di neve al cui pertugio non è applicata che la tenda:
Però i congelamenti sono rarissimi, sia per le cautele in unzioni e vesti, sia perchè sotto la neve c’è caldo spesso più che nelle baracche, sia perchè con certe lampadine e stufette a petrolio i soldati riescono a difendersi dal gelo.
Ma sui crestoni — dove si deve fare guardia — che emergono dall’immenso ghiacciaio non c’è sempre modo di avere codeste difese contro il freddo — eppure si resiste.
Il nemico tremendo è la tormenta.
Immagina carovane di centinaia di soldati carichi, che devono fare cinque o sei ore di notte fra la tormenta:
Eppure si resiste e si va avanti.
Anche l’altro ieri notte, mentre la tormenta infuriava, un valoroso Tenente ha preso un posto austriaco tenuto da 25 uomini, parte ammazzandoli, parte prigionieri e senza perdite nostre:
Si dorme, naturalmente, sempre vestiti e la toilette consiste nel lavarci un po’gli occhi e le mani.
Ma pur che si vinca:
13 maggio.
— Tempo fosco — non troppo freddo.
— Si prepara l’azione e il Colonnello ha le maniere più forti pur conservando il suo bel sangue freddo.
— Io sto bene — benchè leritema mi dia un po’di stanchezza e di irritazione.
— Riposo leggendo il bel libro di Prévost Mons.
et Madame Moloch.
— Il libro è del 1906, ma vi appare tutta la Germania nelle sue due faccie.
Qualche colpo di cannone.
Io sono inquieto per la mia condotta nel momento dell’azione.
Se mi acconcio a stare col Colonnello non manco alla mia funzione:
Se, forzando la situazione, ottengo di andare coi soldati all’attacco, non sarei dimentico di altri doveri:
Quel che mi manca è un gruppo di uomini — come quello del Val d’Orco — coi quali io sia in quella comunione di anima che giustifica il sacrificio volontario con essi.
— Aspetterò gli eventi — d’altronde io sono ben sicuro di me.
Anzi — temo il mio impulso.
14 maggio.
— La preparazione è intensificata — telefoni — materiale — movimento di truppa.
— Il Colonnello è più calmo del solito e allegro.
A mezzogiorno arrivano notizie che il nemico demolisce i baraccamenti — si appresta una ritirata:
o prepara insidia:
Si mandano pattuglie.
— Il Colonnello richiede specialisti del Genio per la esplorazione del posto, nella ipotesi di mine o altro.
La mattina era bella — a mezzogiorno ricomincia a nevicare.
Conosco Achille Lorenzelli di Pontremoli, sergente di artiglieria — parente di Gigetto (Campolonghi).
Bravo giovane, l’alter ego del Magg.
Viola.
Si prende il tè.
— Finalmente posso farmi la barba — sembro Faust.
— Cambio i versi del Carducci pel Colonnello — del Mezzogiorno Alpino, così:
«Ma improvviso il cannon lacera letra I1 sol d’Italia tocca il mezzodì».
(i due ultimi versi) Alle 6 pom.
giunge la notizia della ritirata precipitosa austriaca.
— I nostri sul Topete e sul Falgorida — il magnifico spettacolo.
— Il successo della manovra.
14 maggio 1916, ore 9 di sera.
(Lettera).
— Ti scrivo dalla baracca di cena e di Comando, a un tavolino dove il mio Colonnello sta leggendo pacificamente e il Maggiore di Artiglieria col Capitano aiutante e col Capitano Medico giocano a tarocchi.
Dalla stanza vicina — altra baracca internata nella neve — viene la voce dei telefonisti che trasmettono ordini o ricevono comunicazioni dai Passi e dalle Cime del ghiacciaio.
Questa scena idillica segue ad un’altra grandiosa e indimenticabile.
Stasera doveva essere la vigilia dell’attacco all’ultima parte della cresta che delimita il ghiacciaio su Val Genova e Pinzolo e che era rimasta in mano degli austriaci.
In questi giorni si erano compiute le manovre di preparazione — batterie erano state collocate in luoghi inverosimili, picchi da raids alpinistici erano stati presi al nemico che doveva essere avviluppato e folgorato...
Ma ecco che, mentre si cenava verso le 7, viene la notizia che le pattuglie di perlustrazione avevano visto il nemico ritirarsi a gambe, fuggendo giù nel vallone.
Dopo un giorno di nebbia e di nevicata, un tramonto superbo rivelava tutto il paesaggio meraviglioso.
La notizia, trasmessa dai telefoni alle trincee di neve, alle cime armate, aveva sospinto fuori i soldati — neri sull’immenso candore — che accorrevano a godere lo spettacolo dei nostri, percorrenti la cresta minacciosa, per la cui conquista si erano preparati a combattere e morire...
La manovra sapiente e ardita del nostro Colonnello aveva vinto.
Vittoria incruenta, ma vittoria feconda, che ci dà la padronanza del formidabile spalto ghiacciato e ci apre le vie delle valli trentine:
Si rientrò tutti commossi e si bevve lo champagne.
I soldati del genio stanno avanzando nei baraccamenti austriaci per sventare possibili insidie di mine.
Domani andremo sul posto e incalzeremo il nemico.
Io sono superbo e felice di aver vissuto queste ore.....
Non sento più freddo, nè fatiche.
Ho 20 anni:
15 maggio.
— Doveva essere giorno di combattimento, è giorno di escursione.
— Col Colonnello e col Magg.
Viola al Topete, indi per le creste del Falgorida.
— Formidabile marcia di 5 ore.
I due morti — il Tenente Rizzi e un soldato.
Come bello il Rizzi:
Al ritorno il mio capitombolo.
Il Colonnello formula gli ordini per l’azione del 17.
Chiaro ed esatto.
Ora ci rivolgiamo contro la sinistra (Mandron Presena) per impossessarci della testata di Val Genova e tagliare Monticelli.
A sera terribile tormenta.
16 maggio.
— La tormenta infuria tutta la notte.
— Gradi 14 sotto zero.
La mattina un ordine della Divisione (Cavaciocchi) confermato dal Comando di Armata, riduce l’operazione come il Colonnello l’aveva concepita.
— Egli obbedisce.
— Ma riesce a persuadere la convenienza di un’avanzata che si impadronisca della conca del Mondrone e della testata di Val di Genova.
Vado col Colonnello alla punta della Lobbia bassa.
—
Il vespero magnifico e il plenilunio.
— Mormoro, riadattati, i versi del Carducci:
«Ecco sorge dai monti di Trento la luna ed allunga, Sovra i bianchi deserti, la face scintillante sul ghiaccio».
17 maggio.
— L’azione.
— Dalla Lobbia.
— Il Magg.
Peretti.
18 maggio.
— Col Colonnello e con Peretti alla Lobbia (Il S. Ten. Magrini di Roma).
19 maggio.
— Tempo bello, ma tormenta.
— Vado il mattino alla tenda di medicazione a vedere Ten.
Marangoni — ferito scheggia — Ten.
Asti, di Brescia — Batt.
Aosta — malato De Giacomo, alpino (Salsomaggiore) ferito fucile.
— Durante colazione viene notizia che una corvée, che trascinava un pezzo, è tornata indietro lasciandolo perchè il nemico sparò contro.
— Il Colonnello ordina:
tutti i graduati che tornarono, tutti, dal primo all’ultimo, siano degradati.
20 maggio.
— Bellissimo tempo.
21 maggio.
— La grande marcia — Topete — Falgorida — Belvedere — Al fondo Valle Sarco per neve e bosco audace discesa.
Incontriamo Magg.
Locci e alpini del Battaglione autonomo.
— Rifugio Bolognini.
— I russi.
— La partenza del Battaglione per Todesca e Ragada.
— (Il Cap.
Valsecchi — i giovani tenenti del Batt.
Autonomo o Garibaldi).
Saliamo al Mandrone, coi russi.
— Ivi accolti dal Cap.
Calvi.
— Ripartiamo per la Lobbia.
— La marcia notturna.
— L’incontro colle compagnie sul sentiero ghiacciato.
— Partiti alle 5 ant.
tornati alle 2 di notte.
22 maggio.
— Lettera Salandra.
— Riposo.
23 maggio.
— Scendo la mattina col Colonnello e il Maggiore Viola pel Passo Brizio.
— In teleferica col Colonnello sino a Malga Calda.
— Mulo e Automobile a Vezza.
Finalmente mi lavo e mi metto biancheria pulita.
— Il Generale Cavaciocchi.
24 maggio.
— Partenza col Colonnello da Vezza.
A Genova col Colonnello.
25 maggio.
— Arrivo Roma.
— Colloquio con Salandra.
— Egli mi mostra le linee.
— Conclude: rafforzare il Ministero.
— Obietto: non parermi opportuno.
— A domani.
26 maggio.
— Ancora colloquio con Salandra.
— Lo persuado di sospendere ogni decisione.
— Gli propongo che io faccia corsa ad Asiago.
Consente.
27 maggio.
— Partenza.
28 maggio.
— Treno si ferma a Dossobuono.
— Con un merci arrivo a Verona (Amarici).
Altro treno sussistenze parto per Vicenza.
— Le prime notizie dal Ten.
medico che era col Batt.
Adamello.
— Il tenente Pellizzari di Brescia.
— Il viaggio in treno dalle 12 alle 23.
— Notte per terra in stazione a Vicenza.
29 maggio.
— Mattinata a Vicenza.
— Col soldato Lazzari del 3° Alpini.
— In cerca del Comando.
Al Comando.
— Coi Capitani alpini.
30 maggio.
— Alle linee.
— Generale Pennella.
— Granatieri.
— non c’è che morire:
Due eroi modesti:
Capo Stazione di Campiello Ghibaldi Aurelio - Calgaro Alessandro.
— Col Magg.
Klein a Campiello.
— La foresta.
— Siamo presi a cannonate.
— Avanti:
Arriviamo.
— Il Generale è andato alle linee perchè ripiegano.
Viene — col moschetto a spalla — aduna gli ufficiali e dice — bisogna morire.
— Io gli chiedo un fucile — per andare con lui.
— Mi si dà il fucile — andiamo con due soldati alle linee.
— Gli shrapnels ci piovono e... per stavolta ci rispettano.
Si ritorna.
— I meravigliosi granatieri.
— Muoiono gli ufficiali.
— Passano i feriti.
— Giunge fanteria.
— Siamo battuti anche sull’albergo.
— Arriva la fanteria.
— Il rovescio d’acqua:
Pare che sia fermato l’attacco — quando entra il Maggiore fuori di sè — il suo Battaglione disperso.
— Stanotte saran circondati:
Mi si fa tornare — mi par di essere un disertore.
— Il Generale mi abbraccia.
— Lo lascio colle lacrime lui e i suoi granatieri.
Il ritorno allo scuro nella foresta.
— Senza lumi.
— Gli incontri coll’artiglieria.
— L’automobile si ferma.
— A piedi.
— Al Comando del Gen. Scotti.
31 maggio.
— Colloquio col Gen. Scotti.
— La ragione psicologica e strategica delle disfatte.
— Orientati all’Isonzo con tutte le forze.
— Qui gli austriaci allora impegnati colla Russia, cedettero sino alle linee del campo trincerato — e allora fu facile la nostra avanzata.
Si trascurò di fare subito le difese come si dovevano fare, perchè queste erano le Porte d’Italia — dal piano delle Fugazze all’Altipiano di Asiago.
Gli austriaci attesero.
— Seppero che qui le truppe erano prive di difesa, non allenate, e ruppero la prima linea con impeto, trovando assoluta impreparazione.
La impreparazione fu di doppio ordine: la mancanza di opere campali, quali si fecero sull’Isonzo — il che si doveva fare in un anno — poi, la mancanza di preparazione quando si seppe della imminente offensiva di cui si dava notizia sino dai primi di marzo.
Ragione psicologica.
— Truppe qui non conobbero guerra.
— Qualche fucilata.
—
Si fece dell’altipiano di Asiago una stazione climatica (teatrini, tennis).
— Truppe rammollite, soldati e ufficiali.
—
Si dovevano mandare qui le truppe dell’Isonzo e là queste.
— Gen.
Scotti mi narra del soldato colla chitarra e dell’altro coll’ombrello.
Le mezze misure del Comando Supremo.
— Ritira i medi calibri e parte delle artiglierie da campagna, e voleva ritirare (se non fosse stata l’opposizione dello Scotti) anche le artiglierie da montagna al Pennella — - ciò in contrasto col tenere a qualunque costo.
E perchè qui è assente il Comando Supremo:
Si mandano Generali dal Carso colle truppe in automobile e poi il Carpeneto e Lequio, ma perchè qui non il Porro come Pétain a Verdun:
La sorpresa strategica.
— Così si dice — ma doveva essere prevenuta fino dall’inizio.
In principio di marzo era annunziata ufficialmente dal Com.
Supremo a tutti i Corpi di tutto l’Esercito.
E perchè Comando non mandò a vedere:
non provvide:
Non è vero che lo sfascio delle linee e dei Corpi si sia dovuto all’artiglieria nemica — piccolo troppo il numero dei morti.
Bene è notare che gruppi di ufficiali furono fatti prigionieri perchè rimasero sulle posizioni abbandonati dalla truppa.
1 giugno.
— Da Schiavon a Vicenza.
— Alla Redazione del Corriere Vicentino.
Mi si assicura nulla era fatto neppure in 1a linea.
— Il contegno dell’artiglieria mi è confermato.
— Non si volle qui profittare delle notizie sicure — essere state le artiglierie di medio calibro e grosso portate contro Russia — potersi andare a Trento per montagna.
Mi si consigliò di chiedere d’andare a Novegno per vedere l’altra ala.
— Ma non avrei tempo congruo per tornare a Roma e riferire.
2 giugno.
— Il bombardamento a Vicenza in piazza della Signoria.